Siamo certamente entrati in un contesto tumultuoso e volatile ma con fondamentali di fondo solidi ed il fatto che sempre piu’ paesi stiano rimuovendo le restrizioni alla mobilita’ legate alla pandemia e´ di buon auspicio alla totale riapertura delle rispettive economie
Nelle passate settimane gli sviluppi del conflitto Russo-Ucraino hanno logicamente attirato tutta l’attenzione dei mercati finanziari e degli operatori. Il Risk Off iniziale, logica conseguenza in un momento ad elevato impatto emotivo, è durato comunque poco ed ha lasciato spazio ad una reazione composta del mercato e ad un recupero significativo della negatività tale da riportare i principali indici azionari al di sopra delle quotazioni di inizio conflitto ed in alcuni casi vicino all’azzeramento anche delle discese dei primi mesi dell’anno. L’abitudine comportamentale di queste situazioni di stress è stata rispettata e la risposta dei mercati non è dunque mancata; il crollo iniziale, veloce e profondo ha rappresentato ancora una volta, una profittevole opportunità per chi ha saputo coglierla ed ha potuto muoversi in controtendenza.
Le borse, come detto, sono state le protagoniste principali e chiudono il mese di marzo in generale recupero (+2.88% a livello globale) guidate dal Giappone ed ancora una volta dagli Stati Uniti mentre l’area Euro, colpita maggiormente dalla vicinanza al conflitto si attesta attorno alla parità. Naturalmente sono Energy, Materials ed Utilities i temi che hanno raccolto più denaro ma complessivamente non si registra una selettività particolarmente pronunciata Più complessa invece l’analisi sul fronte dei mercati emergenti. Alcune reazioni sono state allineate con quelle degli indici sviluppati come nel caso di Brasile, Messico o India ma in altri paesi il contesto è apparso più complicato, in particolare sul mercato cinese dove si è visto aumentare sensibilmente la volatilità e la negatività (-7.8%). L’economia in rallentamento, il peggioramento della situazione Covid con la chiusura di varie città ed i timori persistenti di un aggravarsi della crisi immobiliare hanno aumentato il nervosismo, già alimentato dallo shock dell’invasione russa dell’Ucraina.
Gli strumenti che più hanno sofferto, anche in questa fase, sono state ancora una volta le obbligazioni. A livello globale i mercati del debito vivono uno dei peggiori mesi della loro storia ed arrivano a segnare un inizio di anno così negativo (-7.9% a livello globale) che non si vedeva dal lontano 1980. Male dunque non solo i governativi ma anche tutte le componenti a spread, a più alto rischio ma a maggior rendimento potenziale, che nell’ultimo decennio avevano spesso rispecchiato la dinamica azionaria, soffrendo di più allo scoppio delle crisi e recuperando poi molto in fretta. In questo contesto invece incontrano ostacoli strutturali molto più forti, segno di come l’impatto rialzista dei tassi non risparmierà nessuno minando a livello strategico le ipotesi di rendimento futuro dell’intero comparto.
Anche le materie prime hanno vissuto un mese impegnativo, a ritmo alternato con eccessi di rialzo e successive correzioni soprattutto per il petrolio e tutto il comparto legato all’energia proponendosi anche per i prossimi mesi come la classe di investimenti su cui è attesa maggiore volatilità.
L’evidenza di queste prime settimane di guerra è che si sia lavorato e si stia lavorando per evitare un potenziale allargamento del conflitto ma contemporaneamente venga fornita una risposta netta di posizionamento e condanna con l’ambito sanzionatorio che è risultato ad oggi il percorso più efficace insieme ai tentativi di carattere diplomatico sui quali si giocheranno anche le settimane entranti.
Nel frattempo, a livello di ciclo economico, gli impatti sono risultati ancora limitati e per certi versi le variazioni possono essere, ad oggi, solo stimate e diverranno più tangibili nei prossimi trimestri. In tal senso qualche preoccupazione avanza.
Se da un lato i bilanci delle famiglie e delle imprese restano in una condizione favorevole, la politica fiscale rimarrà relativamente espansiva così come forte risulta la volontà dei governi di sostenere le spese e ciò assicura un vantaggio per gli investimenti ed una maggiore resilienza a potenziali venti contrari; dall’altro il conflitto in Ucraina ha innescato una netta accelerata alla fase di deglobalizzazione in atto ed al processo economico di cambiamento sotto il punto di vista della transizione energetica. Mutamenti in divenire di carattere epocale che richiederanno un forte dispendio di risorse e la consapevolezza che la realizzazione potrà avvenire solo attraverso un aumento dello stimolo agli investimenti con una mappa geopolitica potenziale per i prossimi anni difficile da definire ora.
Il conflitto in Ucraina ha inoltre impresso un aggravamento dei problemi nelle catene di approvvigionamento globali, soprattutto sul fronte energetico e per alcune aree in particolare. Questo non può che generare un aumento delle pressioni inflazionistiche che già hanno gravato sui consumi e sugli investimenti tutto l’anno scorso, con il rischio di ulteriore erosione del reddito e del potere d’acquisto che inciderà sulla fiducia dei consumatori. Una combinazione di fattori che rende più plausibile il rischio recessivo di breve termine soprattutto in Europa.
Non è tuttavia tutto negativo lo scenario. Siamo certamente entrati in questo contesto tumultuoso e volatile ma con fondamentali di fondo solidi ed il fatto che sempre più stati stiano rimuovendo le restrizioni alla mobilità legate alla pandemia è di buon auspicio alla totale riapertura delle rispettive economie.
Il tema più impegnativo da gestire rimane dunque sul lato inflattivo. Per certi versi la volatilità dei prezzi legata alla riapertura post Covid era data in attenuazione e sarebbe rientrata una volta che gli schemi di domanda e offerta avessero ritrovato un nuovo equilibrio più stabile, ma le tensioni geopolitiche hanno provocato il riaccendersi del problema la cui valenza ora assume conseguenze non più solo di breve termine; il risultato è che le economie, soprattutto quelle sviluppate, dovranno prepararsi per un periodo prolungato di inflazione decisamente più elevata anche se, probabilmente, non persistente e certamente meno esplosiva di quanto visto nei tanto temuti anni 70-80. Questa serie di squilibri tra domanda e offerta rende quanto mai arduo il compito delle Banche Centrali alle prese con il nuovo contesto in cui l’inflazione non è causata da un eccesso di domanda costante ma guidata da una strozzatura dell’offerta ed alimentata da una serie prolungata di shock sui quali le autorità monetarie ben poco possono fare in termini preventivi.
A livello di attese, dopo l’intervento di timing di riposizionamento a favore dell’azionario di metà marzo, confermiamo una view di fondo positiva sebbene accompagnata ancora dal rischio di poter assistere a temporanei momenti di negatività legati ad un contesto di breve ancora incerto. Tuttavia il ciclo di rialzo dei tassi e la volatilità del mercato azionario rappresentano uno sviluppo interessante per gli asset più rischiosi, per le gestioni attive che ricercano alpha e per le soluzioni dinamiche in grado adeguare opportunisticamente le posizioni.
Unbiased Monthly Report Aprile 2022
Apr 11LA REAZIONE COMPOSTA DEI MERCATI
Nelle passate settimane gli sviluppi del conflitto Russo-Ucraino hanno logicamente attirato tutta l’attenzione dei mercati finanziari e degli operatori. Il Risk Off iniziale, logica conseguenza in un momento ad elevato impatto emotivo, è durato comunque poco ed ha lasciato spazio ad una reazione composta del mercato e ad un recupero significativo della negatività tale da riportare i principali indici azionari al di sopra delle quotazioni di inizio conflitto ed in alcuni casi vicino all’azzeramento anche delle discese dei primi mesi dell’anno. L’abitudine comportamentale di queste situazioni di stress è stata rispettata e la risposta dei mercati non è dunque mancata; il crollo iniziale, veloce e profondo ha rappresentato ancora una volta, una profittevole opportunità per chi ha saputo coglierla ed ha potuto muoversi in controtendenza.
Le borse, come detto, sono state le protagoniste principali e chiudono il mese di marzo in generale recupero (+2.88% a livello globale) guidate dal Giappone ed ancora una volta dagli Stati Uniti mentre l’area Euro, colpita maggiormente dalla vicinanza al conflitto si attesta attorno alla parità. Naturalmente sono Energy, Materials ed Utilities i temi che hanno raccolto più denaro ma complessivamente non si registra una selettività particolarmente pronunciata Più complessa invece l’analisi sul fronte dei mercati emergenti. Alcune reazioni sono state allineate con quelle degli indici sviluppati come nel caso di Brasile, Messico o India ma in altri paesi il contesto è apparso più complicato, in particolare sul mercato cinese dove si è visto aumentare sensibilmente la volatilità e la negatività (-7.8%). L’economia in rallentamento, il peggioramento della situazione Covid con la chiusura di varie città ed i timori persistenti di un aggravarsi della crisi immobiliare hanno aumentato il nervosismo, già alimentato dallo shock dell’invasione russa dell’Ucraina.
Gli strumenti che più hanno sofferto, anche in questa fase, sono state ancora una volta le obbligazioni. A livello globale i mercati del debito vivono uno dei peggiori mesi della loro storia ed arrivano a segnare un inizio di anno così negativo (-7.9% a livello globale) che non si vedeva dal lontano 1980. Male dunque non solo i governativi ma anche tutte le componenti a spread, a più alto rischio ma a maggior rendimento potenziale, che nell’ultimo decennio avevano spesso rispecchiato la dinamica azionaria, soffrendo di più allo scoppio delle crisi e recuperando poi molto in fretta. In questo contesto invece incontrano ostacoli strutturali molto più forti, segno di come l’impatto rialzista dei tassi non risparmierà nessuno minando a livello strategico le ipotesi di rendimento futuro dell’intero comparto.
Anche le materie prime hanno vissuto un mese impegnativo, a ritmo alternato con eccessi di rialzo e successive correzioni soprattutto per il petrolio e tutto il comparto legato all’energia proponendosi anche per i prossimi mesi come la classe di investimenti su cui è attesa maggiore volatilità.
L’evidenza di queste prime settimane di guerra è che si sia lavorato e si stia lavorando per evitare un potenziale allargamento del conflitto ma contemporaneamente venga fornita una risposta netta di posizionamento e condanna con l’ambito sanzionatorio che è risultato ad oggi il percorso più efficace insieme ai tentativi di carattere diplomatico sui quali si giocheranno anche le settimane entranti.
Nel frattempo, a livello di ciclo economico, gli impatti sono risultati ancora limitati e per certi versi le variazioni possono essere, ad oggi, solo stimate e diverranno più tangibili nei prossimi trimestri. In tal senso qualche preoccupazione avanza.
Se da un lato i bilanci delle famiglie e delle imprese restano in una condizione favorevole, la politica fiscale rimarrà relativamente espansiva così come forte risulta la volontà dei governi di sostenere le spese e ciò assicura un vantaggio per gli investimenti ed una maggiore resilienza a potenziali venti contrari; dall’altro il conflitto in Ucraina ha innescato una netta accelerata alla fase di deglobalizzazione in atto ed al processo economico di cambiamento sotto il punto di vista della transizione energetica. Mutamenti in divenire di carattere epocale che richiederanno un forte dispendio di risorse e la consapevolezza che la realizzazione potrà avvenire solo attraverso un aumento dello stimolo agli investimenti con una mappa geopolitica potenziale per i prossimi anni difficile da definire ora.
Il conflitto in Ucraina ha inoltre impresso un aggravamento dei problemi nelle catene di approvvigionamento globali, soprattutto sul fronte energetico e per alcune aree in particolare. Questo non può che generare un aumento delle pressioni inflazionistiche che già hanno gravato sui consumi e sugli investimenti tutto l’anno scorso, con il rischio di ulteriore erosione del reddito e del potere d’acquisto che inciderà sulla fiducia dei consumatori. Una combinazione di fattori che rende più plausibile il rischio recessivo di breve termine soprattutto in Europa.
Non è tuttavia tutto negativo lo scenario. Siamo certamente entrati in questo contesto tumultuoso e volatile ma con fondamentali di fondo solidi ed il fatto che sempre più stati stiano rimuovendo le restrizioni alla mobilità legate alla pandemia è di buon auspicio alla totale riapertura delle rispettive economie.
Il tema più impegnativo da gestire rimane dunque sul lato inflattivo. Per certi versi la volatilità dei prezzi legata alla riapertura post Covid era data in attenuazione e sarebbe rientrata una volta che gli schemi di domanda e offerta avessero ritrovato un nuovo equilibrio più stabile, ma le tensioni geopolitiche hanno provocato il riaccendersi del problema la cui valenza ora assume conseguenze non più solo di breve termine; il risultato è che le economie, soprattutto quelle sviluppate, dovranno prepararsi per un periodo prolungato di inflazione decisamente più elevata anche se, probabilmente, non persistente e certamente meno esplosiva di quanto visto nei tanto temuti anni 70-80. Questa serie di squilibri tra domanda e offerta rende quanto mai arduo il compito delle Banche Centrali alle prese con il nuovo contesto in cui l’inflazione non è causata da un eccesso di domanda costante ma guidata da una strozzatura dell’offerta ed alimentata da una serie prolungata di shock sui quali le autorità monetarie ben poco possono fare in termini preventivi.
A livello di attese, dopo l’intervento di timing di riposizionamento a favore dell’azionario di metà marzo, confermiamo una view di fondo positiva sebbene accompagnata ancora dal rischio di poter assistere a temporanei momenti di negatività legati ad un contesto di breve ancora incerto. Tuttavia il ciclo di rialzo dei tassi e la volatilità del mercato azionario rappresentano uno sviluppo interessante per gli asset più rischiosi, per le gestioni attive che ricercano alpha e per le soluzioni dinamiche in grado adeguare opportunisticamente le posizioni.