I dati ci offrono la lettura di un evento drammatico, ma ad oggi, non così impattante da generare la fine del ciclo di crescita a livello globale e nemmeno uno scenario recessivo
L’inizio del conflitto russo-ucraino con le sue conseguenze a livello internazionale, è certamente l’elemento che ha più pesato sul clima già incerto dei mercati finanziari.
Prospettive di crescita, politiche economiche, monetarie, fiscali e sviluppi da Coronavirus sono di colpo diventati di secondo piano nella valutazione delle prospettive di breve.
Certamente l’imponderabilità dell’azione e la difficile presunzione delle conseguenze, non solo immediate, ha generato un aggravarsi del contesto con un balzo della volatilità e il ribaltamento di buona parte delle valutazioni che gli operatori seguivano ormai da mesi.
I mercati hanno reagito agli sviluppi in Ucraina con un atteggiamento di generale riduzione del rischio. I beni rifugio come l’oro, i titoli di stato a rating elevato, il franco svizzero e lo yen giapponese hanno temporaneamente rappresentato una sorta di porto sicuro attirando buona parte degli acquisti e proponendosi come soluzione temporanea alternativa al parcheggio in liquidità. Ma i veri vincitori, in questa fase, sono state le materie prime, tutte molto richieste con i prezzi dell’energia decisamente forti. Il petrolio, in particolare, ha segnato significativi rialzi grazie alla combinazione di tensione geopolitica, forte domanda e ridotte scorte. Gli asset rischiosi, come normalmente accade in circostanze simili, hanno invece lavorato con alta volatilità e saldi finali negativi ma in un clima decisamente più controllato rispetto a quanto molti si sarebbero aspettati. Gli Stati Uniti concludono il mese di febbraio con un calo del -3.14% mentre soffrono maggiormente i mercati dell’Area Euro. Germania, Italia e Francia sono i più colpiti dal conflitto con perdite oltre il -5%. Resistono invece Giappone (-0.47%) ed Inghilterra (-0.08%) ed alcuni mercati emergenti, già in un momento di decorrelazione dagli indici sviluppati e sicurante più distanti ed isolati dal punto di vista economico dagli effetti della crisi geopolitica. Le azioni russe sono state naturalmente le più penalizzate con un mercato che di fatto viene ora alienato dal sistema finanziario.
La reazione sui mercati non è stata così scomposta ed ha dunque rispecchiato i canoni comportamentali tipici di situazioni analoghe di risk-off, con un incremento della volatilità, una discesa iniziale dei mercati, più ampia su quelli maggiormente esposti, ed una successiva reazione in grado di rimarginare parte delle perdite registrate.
Difficile su un tema geopolitico fare una stima di come si evolverà e soprattutto con quali tempistiche ma la lettura attraverso la conoscenza dei comportamenti degli investitori prevede che ci siano forti momenti di volatilità immediata e spesso temporanea seguiti da una normalizzazione nella quale i mercati hanno il tempo di misurare se e come ci saranno implicazioni sul ciclo globale.
Nel breve termine, allo stato attuale di avanzamento della crisi e del conflitto, restano molte le variabili ed i fattori esogeni in grado di innervosire ulteriormente il mercato. Tuttavia in una visione strategica più ampia si stanno creando le caratteristiche a sostegno di un miglioramento del clima e dei risultati di performance per i trimestri a venire. Questa crisi giunge in un momento in cui il mercato era già alle prese con altre problematiche e preoccupazioni legate alla gestione del forte rialzo inflazionistico.
Dunque sotto il punto di vista meramente economico la discussione si sposta sulle banche centrali e su quelle che saranno le variazioni potenziali in termini di politica monetaria ormai avviata verso un percorso fino a ieri dato esclusivamente per restrittivo. La speranza, non solo dei mercati, è che la crisi geopolitica finisca in tempi brevi lasciando inalterato lo scenario di restringimento sia in America che in Europa, tuttavia, sembra più probabile che il percorso di abbondono della politica monetaria accomodante venga ancora perseguito ma con una forma ed una tempistica differente.
Le pressioni sull’inflazione di breve termine addirittura crescono, sospinte dagli ulteriori aumenti delle materie prime sia energetiche che agricole, ma saranno in combinazione con una crescita economica globale più incerta che, se anche riuscisse a rimanere in linea con i livelli stimati, certamente avrà una forma ed una dinamica più frammentaria sia sotto il punto di vista geografico che settoriale.
I dati ci offrono la lettura di un evento drammatico ma, ad oggi, non così impattante da generare la fine del ciclo di crescita a livello globale né uno scenario recessivo. Tuttavia è molto probabile che le conseguenze siano diseguali tra le economie con gli Stati Uniti e l’Asia meno esposti ad un forte impatto rispetto all’Europa che viene penalizzata maggiormente anche dai riflessi delle politiche sanzionatorie oltre che essere colpita in un momento di maggior fragilità e ritardo in termini di ripresa economica. Risulta prematuro calcolare cosa significherà l’aumento dell’inflazione per le politiche monetarie e fiscali e, soprattutto, per la fiducia dei consumatori nei trimestri a venire.
Le incertezze geopolitiche nell’immediato restano naturalmente elevate e le classi di attività più rischiose dovrebbero temporaneamente accusare il colpo, ma riteniamo soprattutto in termini di incertezza e volatilità temporanea più che di rendimenti netti negativi finali. Finora le reazioni del mercato al conflitto sono state moderate e razionali e misuriamo un rischio di serio peggioramento solo in un contesto di eventuale allargamento del conflitto con una escalation globale.
Non siamo nuovi a situazioni ad alta tensione, soprattutto negli ultimi 20 anni, dunque le esperienze pregresse e la valutazione oggettiva dei dati indirizza la stima verso un nuovo regime di mercato che sarà caratterizzato da una crescita più contenuta e proporzionale all’entità delle sanzioni imposte ed alla durata del conflitto. In particolare i settori delle materie prime e dell’energia costituiscono la primaria via di trasmissione attraverso il quale la crisi russo-ucraina avrà un impatto sull’economia e di conseguenza sui mercati.
Proponiamo una posizione cautelativa sulle azioni, a livello globale, ma in particolare in Area Euro. Il mercato, rimane sensibile alle notizie negative di breve termine ma eventuale ulteriori temporanei peggioramenti andranno a rappresentare una buona opportunità di posizionamento strategico in un contesto in cui la crescita resta confermata così come la dinamica attesa degli utili e la strategia di politica monetaria a contorno.
Unbiased Monthly Report Marzo 2022
Mar 10RISK OFF TEMPORANEO
L’inizio del conflitto russo-ucraino con le sue conseguenze a livello internazionale, è certamente l’elemento che ha più pesato sul clima già incerto dei mercati finanziari.
Prospettive di crescita, politiche economiche, monetarie, fiscali e sviluppi da Coronavirus sono di colpo diventati di secondo piano nella valutazione delle prospettive di breve.
Certamente l’imponderabilità dell’azione e la difficile presunzione delle conseguenze, non solo immediate, ha generato un aggravarsi del contesto con un balzo della volatilità e il ribaltamento di buona parte delle valutazioni che gli operatori seguivano ormai da mesi.
I mercati hanno reagito agli sviluppi in Ucraina con un atteggiamento di generale riduzione del rischio. I beni rifugio come l’oro, i titoli di stato a rating elevato, il franco svizzero e lo yen giapponese hanno temporaneamente rappresentato una sorta di porto sicuro attirando buona parte degli acquisti e proponendosi come soluzione temporanea alternativa al parcheggio in liquidità. Ma i veri vincitori, in questa fase, sono state le materie prime, tutte molto richieste con i prezzi dell’energia decisamente forti. Il petrolio, in particolare, ha segnato significativi rialzi grazie alla combinazione di tensione geopolitica, forte domanda e ridotte scorte. Gli asset rischiosi, come normalmente accade in circostanze simili, hanno invece lavorato con alta volatilità e saldi finali negativi ma in un clima decisamente più controllato rispetto a quanto molti si sarebbero aspettati. Gli Stati Uniti concludono il mese di febbraio con un calo del -3.14% mentre soffrono maggiormente i mercati dell’Area Euro. Germania, Italia e Francia sono i più colpiti dal conflitto con perdite oltre il -5%. Resistono invece Giappone (-0.47%) ed Inghilterra (-0.08%) ed alcuni mercati emergenti, già in un momento di decorrelazione dagli indici sviluppati e sicurante più distanti ed isolati dal punto di vista economico dagli effetti della crisi geopolitica. Le azioni russe sono state naturalmente le più penalizzate con un mercato che di fatto viene ora alienato dal sistema finanziario.
La reazione sui mercati non è stata così scomposta ed ha dunque rispecchiato i canoni comportamentali tipici di situazioni analoghe di risk-off, con un incremento della volatilità, una discesa iniziale dei mercati, più ampia su quelli maggiormente esposti, ed una successiva reazione in grado di rimarginare parte delle perdite registrate.
Difficile su un tema geopolitico fare una stima di come si evolverà e soprattutto con quali tempistiche ma la lettura attraverso la conoscenza dei comportamenti degli investitori prevede che ci siano forti momenti di volatilità immediata e spesso temporanea seguiti da una normalizzazione nella quale i mercati hanno il tempo di misurare se e come ci saranno implicazioni sul ciclo globale.
Nel breve termine, allo stato attuale di avanzamento della crisi e del conflitto, restano molte le variabili ed i fattori esogeni in grado di innervosire ulteriormente il mercato. Tuttavia in una visione strategica più ampia si stanno creando le caratteristiche a sostegno di un miglioramento del clima e dei risultati di performance per i trimestri a venire. Questa crisi giunge in un momento in cui il mercato era già alle prese con altre problematiche e preoccupazioni legate alla gestione del forte rialzo inflazionistico.
Dunque sotto il punto di vista meramente economico la discussione si sposta sulle banche centrali e su quelle che saranno le variazioni potenziali in termini di politica monetaria ormai avviata verso un percorso fino a ieri dato esclusivamente per restrittivo. La speranza, non solo dei mercati, è che la crisi geopolitica finisca in tempi brevi lasciando inalterato lo scenario di restringimento sia in America che in Europa, tuttavia, sembra più probabile che il percorso di abbondono della politica monetaria accomodante venga ancora perseguito ma con una forma ed una tempistica differente.
Le pressioni sull’inflazione di breve termine addirittura crescono, sospinte dagli ulteriori aumenti delle materie prime sia energetiche che agricole, ma saranno in combinazione con una crescita economica globale più incerta che, se anche riuscisse a rimanere in linea con i livelli stimati, certamente avrà una forma ed una dinamica più frammentaria sia sotto il punto di vista geografico che settoriale.
I dati ci offrono la lettura di un evento drammatico ma, ad oggi, non così impattante da generare la fine del ciclo di crescita a livello globale né uno scenario recessivo. Tuttavia è molto probabile che le conseguenze siano diseguali tra le economie con gli Stati Uniti e l’Asia meno esposti ad un forte impatto rispetto all’Europa che viene penalizzata maggiormente anche dai riflessi delle politiche sanzionatorie oltre che essere colpita in un momento di maggior fragilità e ritardo in termini di ripresa economica. Risulta prematuro calcolare cosa significherà l’aumento dell’inflazione per le politiche monetarie e fiscali e, soprattutto, per la fiducia dei consumatori nei trimestri a venire.
Le incertezze geopolitiche nell’immediato restano naturalmente elevate e le classi di attività più rischiose dovrebbero temporaneamente accusare il colpo, ma riteniamo soprattutto in termini di incertezza e volatilità temporanea più che di rendimenti netti negativi finali. Finora le reazioni del mercato al conflitto sono state moderate e razionali e misuriamo un rischio di serio peggioramento solo in un contesto di eventuale allargamento del conflitto con una escalation globale.
Non siamo nuovi a situazioni ad alta tensione, soprattutto negli ultimi 20 anni, dunque le esperienze pregresse e la valutazione oggettiva dei dati indirizza la stima verso un nuovo regime di mercato che sarà caratterizzato da una crescita più contenuta e proporzionale all’entità delle sanzioni imposte ed alla durata del conflitto. In particolare i settori delle materie prime e dell’energia costituiscono la primaria via di trasmissione attraverso il quale la crisi russo-ucraina avrà un impatto sull’economia e di conseguenza sui mercati.
Proponiamo una posizione cautelativa sulle azioni, a livello globale, ma in particolare in Area Euro. Il mercato, rimane sensibile alle notizie negative di breve termine ma eventuale ulteriori temporanei peggioramenti andranno a rappresentare una buona opportunità di posizionamento strategico in un contesto in cui la crescita resta confermata così come la dinamica attesa degli utili e la strategia di politica monetaria a contorno.