IL TEMA DI UNA POTENZIALE PROSECUZIONE DEL RIALZO DEI RENDIMENTI ASSUME UN RUOLO TRASVERSALE IMPORTANTE ANCHE PER I MERCATI AZIONARI SIA A LIVELLO DI ASSET CLASS CHE A LIVELLO TEMATICO PENSANDO AI SETTORI PIU’ INFLUENZABILI DA TALE FENOMENO.
La continua salita dei tassi governativi e la performance positiva e costante delle attività rischiose sono l’elemento più caratterizzante sui mercati e riflettono chiaramente la crescente fiducia in una ripresa economica post-pandemia.
L’approvazione del pacchetto di stimolo statunitense e la delibera da parte della BCE di piani per aumentare gli acquisti di obbligazioni del programma di gestione dell’emergenza (PEPP) hanno contribuito a sostenere il mantenimento di una alta propensione al rischio da parte degli investitori. I mercati stanno deliberatamente guardando oltre i problemi a breve termine del piano vaccinazione e del tasso di crescita delle infezioni, concentrandosi praticamente sulle aspettative di crescita attesa e sulla ripresa della normalità. La scommessa è questa, tuttavia la risposta dei mercati non è così univoca. Negli Stati Uniti, l’ubriacatura da rialzo e da sovrarendimento degli scorsi trimestri ha iniziato a farsi sentire e colpire chi più aveva bevuto sui mercati, cioè la Tecnologia ed i temi legati all’ambito Salute, nettamente sottoperformanti da inizio anno. Seppur in deciso ritardo su più fronti, nel trimestre è l’azionario dell’Area Euro a fare meglio (+10.3%) insieme al Giappone (+8.2%) mentre sul fronte emergenti nelle ultime settimane recupera molto il Brasile contrapposto ad un assestamento della Cina dopo i primi mesi di forte crescita. Tutto sommato i mercati azionari sembrano adattarsi ai tre macro temi dominanti: tassi di interesse più elevati, prezzi delle materie prime più in salita e graduale normalizzazione della crescita economica. Questo nuovo contesto ha posto fine al lungo periodo di forte sovraperformance dei temi Growth assottigliando il differenziale verso i Value e riportando l’attenzione su Finanziari (+12% nel trimestre) ed Energy (+20%), capaci di una performance in poche settimane talmente ampia da pregiudicarne l’immediata prosecuzione. Sul fronte dei dati economici è cambiato poco nelle ultime settimane. L’impostazione è ancora positiva, in particolare negli Stati Uniti, con gli indicatori di fiducia che confermano un feeling favorevole, supportato da un pacchetto di stimolo in grado di dare il via a una più rapida salita dei consumi e degli investimenti e valutato abbastanza ampio da consentire agli investitori di scontare una maggiore probabilità di incrementare la crescita ed aumentare l’inflazione che resta invece il grande obiettivo della Fed a medio termine. Al di là di obiettivi economici le banche centrali vogliono sfuggire allo stallo di tassi a zero con il fine tecnico ultimo di recuperare un margine d’azione sufficiente a rispondere a eventuali crisi future. Portare l’inflazione, e di conseguenza i tassi, a un livello più alto, permetterà infatti di riguadagnare la flessibilità monetaria perduta negli ultimi anni.
I segnali inflattivi, o meglio reflattivi, iniziano ad essere evidenti e si sono rafforzati da inizio anno certamente grazie all’aumento dei prezzi dell’energia ed anche per effetto di alcune strozzature logistiche che vincolano l’offerta. Nelle discussioni finanziarie è proprio il tema inflazione ad aver preso il posto del Covid come il più grande rischio per la sostenibilità del rialzo sugli asset rischiosi.
Ci si aspetta ancora un po’ di tensione sull’inflazione a breve termine, ma un’inflazione strutturalmente più elevata post-pandemia richiederà tempo, quello necessario ai piani di stimolo per trasferire gli effetti, non solo sul tasso di risparmio, ma anche sull’economia reale oggi ancora ufficialmente semichiusa dall’effetto lockdown.
La storia inflattiva ci ricorda come le tendenze al rialzo si siano create solo se precedute da periodi prolungati di stimolo alla crescita e da un contesto economico ben diverso dall’attuale nel quale siamo lontani dal raggiungimento della piena occupazione e nel quale prevale una natura temporanea dello stimolo fiscale. Le banche centrali, ed in particolare la Fed, sembrano essere di questo avviso con un atteggiamento rilassato sul tema tassi tanto da confermare come improbabile un tapering delle politiche monetarie prima dei prossimi dodici mesi.
La riduzione dell’incertezza man mano che più paesi si avvicinano gradualmente all’immunità di gregge dovrebbe liberare gran parte dei risparmi in eccesso accumulati durante la crisi e questo dovrebbe facilitare un rimbalzo dei consumi delle famiglie e degli investimenti aziendali. Proprio questa crescente fiducia in una forte ripresa globale ed il simultaneo riemergere del tema inflattivo, sta spingendo al rialzo i rendimenti obbligazionari in un contesto di riferimento del tutto inesplorato per i principali operatori. L’abitudine, da oltre 30 anni, ad una ciclicità ribassista dei tassi evidenzia l’attitudine a valutare con bassi livelli di rischio il tema bond e proprio la mancanza di esperienza diretta nel gestire uno scenario opposto a quanto storicamente vissuto rende decisamente incerta la possibilità di ottenere buoni risultati sui prodotti obbligazionari negli anni a venire. Il tema di una potenziale prosecuzione del rialzo dei rendimenti assume inoltre un ruolo trasversale importante anche per i mercati azionari sia a livello di asset class che a livello tematico pensando ai settori più influenzabili da tale fenomeno. Nell’attuale fase di iniziale sviluppo del ciclo economico, un aumento dei rendimenti è stato ben digerito dal mercato attraverso una rotazione settoriale e con una crescita degli utili in grado di assorbire la ripresa dei rendimenti ma se i tassi proseguiranno a salire con troppa ripidità e velocità, il premio per il rischio azionario andrà a contrarsi altrettanto rapidamente aumentando il rischio di correzioni sugli indici. In termini di aspettative i dati economici recenti riflettono una dinamica di crescita in sviluppo che può migliorare sull’onda del successo dei piani vaccinali. In tal senso i mercati azionari restano favoriti anche se il sentiment rialzista degli investitori rimane fin troppo alto ma ad oggi giustificato da un quadro prospettico fondamentale in miglioramento. Le attese di una ripresa globale sincronizzata dovrebbero portare ulteriore positività per gli azionari, soprattutto quelli europei, così orientati alle esportazioni e le cui valutazioni, se paragonate ad altri mercati come quello statunitense, si presentano ancora molto interessanti e soprattutto convenienti.
Sul mercato obbligazionario invece, sebbene regni ancora un ottimismo di fondo riguardo al fatto che il supporto delle banche centrali permetta il controllo in termini di limiti di volatilità sui mercati del credito, in generale leggiamo una sottostima dei rischi, sia sui temi governativi che dal lato corporate dove, a livello aggregato, i premi al rischio sono su soglie storicamente basse come dunque le contestuali attese di reddito ed in generale la performance viene trovata solo attraverso abbassamento del merito creditizio e duration incrementata.
Commento Aprile 2021
Apr 12PRINCIPI DI INFLAZIONE
La continua salita dei tassi governativi e la performance positiva e costante delle attività rischiose sono l’elemento più caratterizzante sui mercati e riflettono chiaramente la crescente fiducia in una ripresa economica post-pandemia.
L’approvazione del pacchetto di stimolo statunitense e la delibera da parte della BCE di piani per aumentare gli acquisti di obbligazioni del programma di gestione dell’emergenza (PEPP) hanno contribuito a sostenere il mantenimento di una alta propensione al rischio da parte degli investitori. I mercati stanno deliberatamente guardando oltre i problemi a breve termine del piano vaccinazione e del tasso di crescita delle infezioni, concentrandosi praticamente sulle aspettative di crescita attesa e sulla ripresa della normalità. La scommessa è questa, tuttavia la risposta dei mercati non è così univoca. Negli Stati Uniti, l’ubriacatura da rialzo e da sovrarendimento degli scorsi trimestri ha iniziato a farsi sentire e colpire chi più aveva bevuto sui mercati, cioè la Tecnologia ed i temi legati all’ambito Salute, nettamente sottoperformanti da inizio anno. Seppur in deciso ritardo su più fronti, nel trimestre è l’azionario dell’Area Euro a fare meglio (+10.3%) insieme al Giappone (+8.2%) mentre sul fronte emergenti nelle ultime settimane recupera molto il Brasile contrapposto ad un assestamento della Cina dopo i primi mesi di forte crescita. Tutto sommato i mercati azionari sembrano adattarsi ai tre macro temi dominanti: tassi di interesse più elevati, prezzi delle materie prime più in salita e graduale normalizzazione della crescita economica. Questo nuovo contesto ha posto fine al lungo periodo di forte sovraperformance dei temi Growth assottigliando il differenziale verso i Value e riportando l’attenzione su Finanziari (+12% nel trimestre) ed Energy (+20%), capaci di una performance in poche settimane talmente ampia da pregiudicarne l’immediata prosecuzione. Sul fronte dei dati economici è cambiato poco nelle ultime settimane. L’impostazione è ancora positiva, in particolare negli Stati Uniti, con gli indicatori di fiducia che confermano un feeling favorevole, supportato da un pacchetto di stimolo in grado di dare il via a una più rapida salita dei consumi e degli investimenti e valutato abbastanza ampio da consentire agli investitori di scontare una maggiore probabilità di incrementare la crescita ed aumentare l’inflazione che resta invece il grande obiettivo della Fed a medio termine. Al di là di obiettivi economici le banche centrali vogliono sfuggire allo stallo di tassi a zero con il fine tecnico ultimo di recuperare un margine d’azione sufficiente a rispondere a eventuali crisi future. Portare l’inflazione, e di conseguenza i tassi, a un livello più alto, permetterà infatti di riguadagnare la flessibilità monetaria perduta negli ultimi anni.
I segnali inflattivi, o meglio reflattivi, iniziano ad essere evidenti e si sono rafforzati da inizio anno certamente grazie all’aumento dei prezzi dell’energia ed anche per effetto di alcune strozzature logistiche che vincolano l’offerta. Nelle discussioni finanziarie è proprio il tema inflazione ad aver preso il posto del Covid come il più grande rischio per la sostenibilità del rialzo sugli asset rischiosi.
Ci si aspetta ancora un po’ di tensione sull’inflazione a breve termine, ma un’inflazione strutturalmente più elevata post-pandemia richiederà tempo, quello necessario ai piani di stimolo per trasferire gli effetti, non solo sul tasso di risparmio, ma anche sull’economia reale oggi ancora ufficialmente semichiusa dall’effetto lockdown.
La storia inflattiva ci ricorda come le tendenze al rialzo si siano create solo se precedute da periodi prolungati di stimolo alla crescita e da un contesto economico ben diverso dall’attuale nel quale siamo lontani dal raggiungimento della piena occupazione e nel quale prevale una natura temporanea dello stimolo fiscale. Le banche centrali, ed in particolare la Fed, sembrano essere di questo avviso con un atteggiamento rilassato sul tema tassi tanto da confermare come improbabile un tapering delle politiche monetarie prima dei prossimi dodici mesi.
La riduzione dell’incertezza man mano che più paesi si avvicinano gradualmente all’immunità di gregge dovrebbe liberare gran parte dei risparmi in eccesso accumulati durante la crisi e questo dovrebbe facilitare un rimbalzo dei consumi delle famiglie e degli investimenti aziendali. Proprio questa crescente fiducia in una forte ripresa globale ed il simultaneo riemergere del tema inflattivo, sta spingendo al rialzo i rendimenti obbligazionari in un contesto di riferimento del tutto inesplorato per i principali operatori. L’abitudine, da oltre 30 anni, ad una ciclicità ribassista dei tassi evidenzia l’attitudine a valutare con bassi livelli di rischio il tema bond e proprio la mancanza di esperienza diretta nel gestire uno scenario opposto a quanto storicamente vissuto rende decisamente incerta la possibilità di ottenere buoni risultati sui prodotti obbligazionari negli anni a venire. Il tema di una potenziale prosecuzione del rialzo dei rendimenti assume inoltre un ruolo trasversale importante anche per i mercati azionari sia a livello di asset class che a livello tematico pensando ai settori più influenzabili da tale fenomeno. Nell’attuale fase di iniziale sviluppo del ciclo economico, un aumento dei rendimenti è stato ben digerito dal mercato attraverso una rotazione settoriale e con una crescita degli utili in grado di assorbire la ripresa dei rendimenti ma se i tassi proseguiranno a salire con troppa ripidità e velocità, il premio per il rischio azionario andrà a contrarsi altrettanto rapidamente aumentando il rischio di correzioni sugli indici. In termini di aspettative i dati economici recenti riflettono una dinamica di crescita in sviluppo che può migliorare sull’onda del successo dei piani vaccinali. In tal senso i mercati azionari restano favoriti anche se il sentiment rialzista degli investitori rimane fin troppo alto ma ad oggi giustificato da un quadro prospettico fondamentale in miglioramento. Le attese di una ripresa globale sincronizzata dovrebbero portare ulteriore positività per gli azionari, soprattutto quelli europei, così orientati alle esportazioni e le cui valutazioni, se paragonate ad altri mercati come quello statunitense, si presentano ancora molto interessanti e soprattutto convenienti.
Sul mercato obbligazionario invece, sebbene regni ancora un ottimismo di fondo riguardo al fatto che il supporto delle banche centrali permetta il controllo in termini di limiti di volatilità sui mercati del credito, in generale leggiamo una sottostima dei rischi, sia sui temi governativi che dal lato corporate dove, a livello aggregato, i premi al rischio sono su soglie storicamente basse come dunque le contestuali attese di reddito ed in generale la performance viene trovata solo attraverso abbassamento del merito creditizio e duration incrementata.