L’atteggiamento strategico resta dunque favorevole sebbene si dovranno gestire fasi di maggior volatilità ed incertezza ma non così diverse da quelle a cui i mercati ci hanno tipicamente abituato negli ultimi 20 anni.
Dopo un inizio mese decisamente positivo, i mercati finanziari sono stati investiti dall’effetto Coronavirus con uno spostamento netto dell’umore a favore del Risk Off. L’idea diffusa inizialmente circa un effetto limitato da pandemia, con l’intensificarsi dei casi e degli impatti mediatici, ha lasciato spazio a valutazioni più negative con un susseguirsi di prese di beneficio, anche di carattere tecnico, che ha riportato il saldo da inizio anno dei mercati azionari in territorio decisamente negativo.
Il Sell Off registrato fino ad ora è stato certamente importante (-10% dai massimi) con marginali diversità fra le varie borse.
Ma ad oggi, questo dato, non è molto diverso dalle situazioni sviluppatesi nei casi precedenti di evento epidemico. Con la Sars, nel 2003, il mercato azionario statunitense scese del 12%, lo stesso fece con la Zika nel 2016 mentre per Aviaria, Mers ed Ebola le discese furono ancora più contenute. E’dunque nella norma assistere ad un’iniziale e profonda negatività alimentata da valutazioni anche di carattere emotivo ma la configurazione cambia sensibilmente se misuriamo le reazioni dopo l’iniziale approccio all’evento epidemico. Su un arco temporale successivo, a 3, 6, 12 mesi i risultati sono prevalentemente positivi.
Quello che emerge dai dati, è dunque che gran parte di ciò che viene perso in una fase iniziale verrà recuperato nella successiva e soprattutto che le crisi finanziarie recenti (2000, 2008 e 2011) non sono state mai scatenate da questo tipo di evento.
Il mese di febbraio alla fine ci consegna risultati poco edificanti sulle azioni con performance negative allineate attorno al -8% sulle principali borse. Più negativo il Giappone (-10%) mentre i mercati emergenti sono risultati più frammentati con Taiwan ed HongKong che registrano perdite frazionali.
Anche sotto il punto di vista settoriale ci sono state poche differenziazioni con Finanziari, Energy e Material sottoperformanti.
In questa corsa alla sicurezza, con gli investitori che cercano protezione, alcuni strumenti hanno visto un rally significativo. Vale per l’Oro che, già in fase di apprezzamento, ha vissuto giornate con flussi in acquisto molto forti, comunque rientrati in breve sui livelli iniziali (-0.2% nel mese). Naturalmente i timori hanno spinto gli investitori ancora di più sui mercati obbligazionari; i titoli del Tesoro USA, l’ultimo rifugio sicuro per molti, hanno registrato ulteriori salite (+2.65%) così come il Bund tedesco (+1.38%) mentre i governativi italiani sono stati fortemente penalizzati (-1.15%) con lo spread tornato a livelli di allerta. Nel settore del credito, i mercati hanno reagito in modo simile: i Corporate Investment Grade hanno raccolto ulteriore denaro mentre lo swap delle attività sull’indice High Yield si è allargato in modo sensibile.
Diversamente da altri periodi di stress sui mercati, i movimenti dei prezzi sulle obbligazioni non sono risultati acutizzati da un temporaneo vuoto di liquidità, segno che nel reddito fisso, al momento, ci siano ancora spazi per volumi di scambio sostenibili. Anche in ambito valutario le reazioni sono risultate nella norma, con un parziale riequilibrio di forza per l’Euro che rimane comunque complessivamente in una condizione di debolezza rispetto alle altre divise.
Inizialmente si pensava che una nuova escalation delle guerre commerciali fosse il rischio più probabile per i mercati all’inizio del 2020, ma il coronavirus è stato certamente l’effetto sorpresa.
Tra gli operatori è diffusa l’idea che l’impatto sull’ economia ci sarà ma sarà transitorio. Il coronavirus rallenterà la crescita, questo è certo, ma, con i dati attuali, sembra non la farà deragliare del tutto dal suo percorso sebbene il rischio pandemia possa in linea di principio contribuire a far pendere la bilancia di nuovo verso la recessione.
Sui mercati finanziari il rischio peggiore è ancora rappresentato dalla percezione che un ulteriore accentuarsi dell’incertezza si trasmetta in modo ulteriormente grave sulle aspettative di lungo termine. Ma è qui che può entrare in gioco il ruolo della politica monetaria. Ancora una volta.
Gli investitori scommettono anche sul fatto che se la situazione peggiorasse, le banche centrali potrebbero intervenire con maggiore forza.
L’opinione diffusa è che, in ogni caso, ci sia ancora un paracadute per i mercati e per l’economia e questo dovrebbe tranquillizzare e non poco.
Sia la Fed che la Bce hanno margini di manovra in questo senso e sia la banca centrale giapponese che quella popolare cinese, pur senza un vero quantitative easing, hanno già iniettato nuova liquidità sul sistema.
La percezione di incertezza è una tossina per gli investitori, perché rende qualunque tipo di pianificazione, dai consumi agli investimenti, non tanto più difficile quanto più emotiva ed irrazionale. Mentre si valuta il potenziale raggiungimento del picco dell’epidemia, il danno economico conseguente è ancora lento nel materializzarsi nei dati e le stime restano la variabile più incerta. Il declino della domanda e dell’offerta, cinese in primis, ma ormai globale, a causa delle drastiche misure per contenere il virus avrà un impatto sulle vendite delle aziende in tutto il mondo.
L’atteggiamento strategico resta dunque favorevole sebbene si dovranno gestire fasi di maggior volatilità ed incertezza ma non così diverse da quelle a cui i mercati ci hanno tipicamente abituato negli ultimi 20 anni. A livello tattico evidenziamo come la volatilità derivante da eventi esogeni possa creare opportunità interessanti traendo vantaggio dalle dislocazioni a breve termine createsi sui prezzi.
Commento Marzo 2020
Mar 2EFFETTO CONTAGIO
Dopo un inizio mese decisamente positivo, i mercati finanziari sono stati investiti dall’effetto Coronavirus con uno spostamento netto dell’umore a favore del Risk Off. L’idea diffusa inizialmente circa un effetto limitato da pandemia, con l’intensificarsi dei casi e degli impatti mediatici, ha lasciato spazio a valutazioni più negative con un susseguirsi di prese di beneficio, anche di carattere tecnico, che ha riportato il saldo da inizio anno dei mercati azionari in territorio decisamente negativo.
Il Sell Off registrato fino ad ora è stato certamente importante (-10% dai massimi) con marginali diversità fra le varie borse.
Ma ad oggi, questo dato, non è molto diverso dalle situazioni sviluppatesi nei casi precedenti di evento epidemico. Con la Sars, nel 2003, il mercato azionario statunitense scese del 12%, lo stesso fece con la Zika nel 2016 mentre per Aviaria, Mers ed Ebola le discese furono ancora più contenute. E’dunque nella norma assistere ad un’iniziale e profonda negatività alimentata da valutazioni anche di carattere emotivo ma la configurazione cambia sensibilmente se misuriamo le reazioni dopo l’iniziale approccio all’evento epidemico. Su un arco temporale successivo, a 3, 6, 12 mesi i risultati sono prevalentemente positivi.
Quello che emerge dai dati, è dunque che gran parte di ciò che viene perso in una fase iniziale verrà recuperato nella successiva e soprattutto che le crisi finanziarie recenti (2000, 2008 e 2011) non sono state mai scatenate da questo tipo di evento.
Il mese di febbraio alla fine ci consegna risultati poco edificanti sulle azioni con performance negative allineate attorno al -8% sulle principali borse. Più negativo il Giappone (-10%) mentre i mercati emergenti sono risultati più frammentati con Taiwan ed HongKong che registrano perdite frazionali.
Anche sotto il punto di vista settoriale ci sono state poche differenziazioni con Finanziari, Energy e Material sottoperformanti.
In questa corsa alla sicurezza, con gli investitori che cercano protezione, alcuni strumenti hanno visto un rally significativo. Vale per l’Oro che, già in fase di apprezzamento, ha vissuto giornate con flussi in acquisto molto forti, comunque rientrati in breve sui livelli iniziali (-0.2% nel mese). Naturalmente i timori hanno spinto gli investitori ancora di più sui mercati obbligazionari; i titoli del Tesoro USA, l’ultimo rifugio sicuro per molti, hanno registrato ulteriori salite (+2.65%) così come il Bund tedesco (+1.38%) mentre i governativi italiani sono stati fortemente penalizzati (-1.15%) con lo spread tornato a livelli di allerta. Nel settore del credito, i mercati hanno reagito in modo simile: i Corporate Investment Grade hanno raccolto ulteriore denaro mentre lo swap delle attività sull’indice High Yield si è allargato in modo sensibile.
Diversamente da altri periodi di stress sui mercati, i movimenti dei prezzi sulle obbligazioni non sono risultati acutizzati da un temporaneo vuoto di liquidità, segno che nel reddito fisso, al momento, ci siano ancora spazi per volumi di scambio sostenibili. Anche in ambito valutario le reazioni sono risultate nella norma, con un parziale riequilibrio di forza per l’Euro che rimane comunque complessivamente in una condizione di debolezza rispetto alle altre divise.
Inizialmente si pensava che una nuova escalation delle guerre commerciali fosse il rischio più probabile per i mercati all’inizio del 2020, ma il coronavirus è stato certamente l’effetto sorpresa.
Tra gli operatori è diffusa l’idea che l’impatto sull’ economia ci sarà ma sarà transitorio. Il coronavirus rallenterà la crescita, questo è certo, ma, con i dati attuali, sembra non la farà deragliare del tutto dal suo percorso sebbene il rischio pandemia possa in linea di principio contribuire a far pendere la bilancia di nuovo verso la recessione.
Sui mercati finanziari il rischio peggiore è ancora rappresentato dalla percezione che un ulteriore accentuarsi dell’incertezza si trasmetta in modo ulteriormente grave sulle aspettative di lungo termine. Ma è qui che può entrare in gioco il ruolo della politica monetaria. Ancora una volta.
Gli investitori scommettono anche sul fatto che se la situazione peggiorasse, le banche centrali potrebbero intervenire con maggiore forza.
L’opinione diffusa è che, in ogni caso, ci sia ancora un paracadute per i mercati e per l’economia e questo dovrebbe tranquillizzare e non poco.
Sia la Fed che la Bce hanno margini di manovra in questo senso e sia la banca centrale giapponese che quella popolare cinese, pur senza un vero quantitative easing, hanno già iniettato nuova liquidità sul sistema.
La percezione di incertezza è una tossina per gli investitori, perché rende qualunque tipo di pianificazione, dai consumi agli investimenti, non tanto più difficile quanto più emotiva ed irrazionale. Mentre si valuta il potenziale raggiungimento del picco dell’epidemia, il danno economico conseguente è ancora lento nel materializzarsi nei dati e le stime restano la variabile più incerta. Il declino della domanda e dell’offerta, cinese in primis, ma ormai globale, a causa delle drastiche misure per contenere il virus avrà un impatto sulle vendite delle aziende in tutto il mondo.
L’atteggiamento strategico resta dunque favorevole sebbene si dovranno gestire fasi di maggior volatilità ed incertezza ma non così diverse da quelle a cui i mercati ci hanno tipicamente abituato negli ultimi 20 anni. A livello tattico evidenziamo come la volatilità derivante da eventi esogeni possa creare opportunità interessanti traendo vantaggio dalle dislocazioni a breve termine createsi sui prezzi.