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Commento Novembre 2020

Nov 10

Il contesto in cui si calano le tornate elettorali americane non è dunque dei più sereni e chiunque sarà il prossimo presidente negli Stati Uniti, avrà spazi di movimento limitati per risolvere l’attuale crisi economica in cui, attraverso la leva, è oggi la finanza a sostenere l’economia reale e non viceversa.

I mercati finanziari hanno iniziato ad abbandonare un clima di relativa tranquillità proprio in concomitanza con l’accelerazione della crescita dell’infezione da coronavirus. Le ultime settimane sono state certamente impegnative e sono culminate con flessioni generalizzate sui principali mercati. L’indice azionario mondiale infatti consegna un ottobre negativo (-2.49%) con un movimento corale al ribasso da parte di Stati Uniti (-2.77%) e Giappone (-2.84%) ma è soprattutto l’Europa a subire di più le pressioni in vendita (-7.37% Eurostoxx50) con la Germania in flessione di oltre il -9%. Solo sulle borse emergenti si evidenzia un po’ di controtendenza. L’indice globale è positivo (+1.98%) ma nello specifico solo i mercati asiatici e la Cina in particolare sono state in grado di sostenere le quotazioni con progressi significativi (+5.27% China, +4.06% India, +5.30% Indonesia) mentre Est Europa e Latin America presentano anch’esse un saldo negativo. In termini di tassi, i rendimenti europei hanno presentato i movimenti più significativi. Il loro calo appare costante (-40bps Ytd) e sostenuto dall’assicurazione che la BCE aumenti nuovamente i suoi acquisti di asset entro dicembre. Sul lato statunitense, dopo i recenti rialzi dei rendimenti (+20bps anche ad ottobre), si assottiglia lo spazio per un ulteriore aumento, anche sulle lunghe scadenze salvo ricevere inattese sorprese, ad oggi poco quotate, sul lato inflattivo e della crescita.

L’aumento del numero di contagiati in tutta Europa ha spinto diversi paesi a reintrodurre rigorose restrizioni alla mobilità che minacciano di far naufragare la ripresa del commercio di quelle aree con ricadute a livello globale proprio mentre il sostegno statale pare aver raggiunto i suoi limiti in molti paesi e soprattutto rischia di non poter essere esteso all’infinito.

Il rinnovato inasprimento delle limitazioni alla mobilità e l’inevitabile impatto negativo sulla domanda globale, in particolare nei servizi, spaventano gli investitori ed allungano le ombre sulla attesa ripresa economica che potrebbe essere meno sostenibile e rapida di quanto sembri.

Il contesto in cui si calano le tornate elettorali americane non è dunque dei più sereni e chiunque sarà il prossimo presidente negli Stati Uniti, avrà spazi di movimento limitati per risolvere l’attuale crisi economica in cui, attraverso la leva, è oggi la finanza a sostenere l’economia reale e non viceversa. In questa fase di breve termine, più che la vittoria di una parte o di un’altra, è la controversia e la mancanza di un risultato elettorale certo a preoccupare di più circa il futuro andamento degli asset di rischio. Riteniamo, tuttavia, siano gli impatti attesi a medio e lungo termine ad essere maggiormente interessanti con alcuni segmenti di mercato che potrebbero prendere una direzione molto diversa dall’attuale a seconda della parte politica vincente. Le idee democratiche sembrerebbero sponsorizzare gli investimenti nelle infrastrutture e nella transizione energetica con un ridimensionamento dei tagli fiscali che colpirebbe in particolare l’assistenza sanitaria, i servizi di comunicazione e la tecnologia, mentre sul fronte repubblicano le scommesse vanno a favore di healthcare, financial e discretionary.

Comunque i fattori trainanti più importanti a medio termine per il mondo azionario restano la tendenza degli utili ed il sostegno delle impostazioni di politica monetaria, e su entrambi i fronti permangono ragioni di ottimismo.

Le aspettative di crescita degli utili aziendali per il prossimo anno sono realistiche, soprattutto nell’ipotesi che un vaccino consenta all’economia di tornare alla normalità, mentre la garanzia della Fed e delle altre banche centrali sotto il punto di vista di controllo dell’inflazione e di mantenimento di tassi bassi, sostiene il mantenimento dell’attuale impostazione positiva sull’azionario.

Se a questo si aggiunge il vantaggio strategico offerto dall’ineludibile ed interessante premio per il rischio offerto dal mercato di capitali rispetto all’assenza di rendimento di un posizionamento prudente, si intuisce come gli investitori abbiano poche alternative di scelta ed i mercati azionari potrebbero trovarsi a confermare il mood positivo nonostante una eventuale e temporanea incertezza post elettorale.

L’attuale forza del commercio mondiale di beni ha oscurato il rischio di ribasso ma questa situazione è in netto contrasto con le rinnovate restrizioni alla mobilità che pongono un maggior accento sulla fragilità nella gestione di questa crisi che, a differenza di altre, non è stata generata e non ha colpito un solo settore dell’economia ma è estesa all’intero tessuto economico e finanziario. I danni in tal senso sono più ampi e profondi e richiederanno tempi lunghi per l’effettivo recupero in un contesto in cui alcuni paradigmi fondamentali sono cambiati se non addirittura ribaltati. Il processo di deglobalizzazione nascente difficilmente muterà nei prossimi semestri e ciò rischia di accelerare lo scontro frontale USA-Cina su commercio e tecnologia con l’America che sembra dover affrontare per la prima volta il confronto geopolitico in una posizione di debolezza economica anche a causa di una crescita interna affaticata ed un debito sempre più in mano ai diretti rivali dell’area asiatica.

La forte fiducia nelle banche centrali e il loro impegno a fare tutto ciò che è necessario per tamponare il rischio recessivo resta l’elemento più forte a sostegno dei mercati che quindi risultano impostati al mantenimento degli attuali equilibri sia sotto il punto di vista della dinamica che della polarizzazione sensibilmente spostata a favore dei paesi asiatici dove la Cina avanza in modo importante soprattutto se relazionato ad un mondo dei mercati emergenti sempre più divergente ed alle prese con una ripresa economica molto più lenta di Stati Uniti ed Europa. Sarà dunque la selettività a caratterizzare questi ultimi mesi dell’anno sugli azionari.

Sul lato Bond l’outlook strutturale resta negativo visti i rendimenti inesistenti, sebbene la parte “safe” possa temporaneamente approfittare di eventuali ulteriori incertezze azionarie ed aumenti nelle scelte di risk off. In tal senso è il credito speculativo, oggi l’unico in qualche modo in grado di restituire rendimenti decenti, a preoccupare di più anche in considerazione di un probabile aumento dei default nonostante l’impegno costante del sistema di mantenere le insolvenze il più possibile diluite nel tempo.

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