Il contesto è sostenuto da diversi fattori positivi, la ripresa è ancora nelle sue fasi iniziali e, con buona probabilità andrà ad ampliarsi nei trimestri a venire. Ciò si riflette costruttivamente sulle aspettative dei mercati azionari che oggi non presentano alternative di investimento interessanti.
Il sentiment degli investitori, che fino a qualche mese fa mostrava molti segni di esuberanza, si è decisamente e velocemente raffreddato nelle ultime settimane. I flussi in vendita sono marcatamente aumentati e si sono concentrati in particolare sulle tematiche che maggiormente in precedenza avevano raccolto successo. Le discese registrate certo possono impressionare (-10.5% il drawdown del S&P500) tuttavia sono figlie dei movimenti precedenti, estremamente positivi, e concentrati su temi specifici. Proprio questa selettività, che registriamo anche a livello geografico, e l’indicazione di una potenziale sottostante rotazione tematica, riconducono ad una valutazione meno negativa dei recenti movimenti in ottica prospettica. Ad oggi stiamo lavorando all’interno di una correzione di tipo tecnico su posizioni che avevano raccolto un elevato consenso, probabilmente più ampio di quanto sostenibile, e che ora sta rimuovendo alcuni eccessi di carattere chiaramente speculativo.
Non viene inficiata invece la visione di più ampio spettro. I driver economici fondamentali rimangono costruttivi. Le dinamiche del mercato del lavoro Usa risultano positive e permane il miglioramento del sentiment dei consumatori mentre gli utili sembrano confermare le ipotesi di una ripresa a forma di V. La politica monetaria rimane naturalmente favorevole con la Fed attenta a spostarsi verso un obiettivo di inflazione “media” e la BCE pronta ad allinearsi ed allentare ulteriormente la politica monetaria, laddove possibile.
Lo spostamento di direzione definito dalla Fed esercita certamente pressione sulle altre banche centrali, in particolare la BCE e la BoJ, affinché si muovano nella stessa direzione. Cosa già fatta dalla maggior parte delle autorità monetarie anche nei mercati emergenti tanto da portare i tassi reali vicini allo zero o in territorio negativo, creando un contesto di riferimento nuovo per molte delle aree abituate a forte crescita e forte inflazione.
Sul fronte della pandemia, ad oggi, l’aumento della crescita dell’infezione da virus non è riuscito ad intaccare la propensione al rischio degli investitori. Mentre l’Europa si avvia a nuove restrizioni della mobilità legate al Corona Virus e l’America mantiene livello alti di contagio, i dati economici offrono prova di una continua ripresa della crescita globale. I mercati non possono ignorare la crescente evidenza di una seconda ondata di infezioni ed il timore di un nuovo lockdown, il cui danno economico sarebbe indiscutibile, tuttavia gli operatori quotano un rischio relativamente basso di blocchi completi optando più che altro per l’ipotesi di stop localizzati, non così gravi da danneggiare la ripresa economica. Per ora i dati economici riflettono una costante ripresa nei paesi che hanno meglio contenuto la pandemia. Certamente una gran parte del mondo emergente sta ancora lottando per ridurre la crescita delle infezioni, il che sta impedendo una significativa ripresa della fiducia dei consumatori e delle imprese e pone qualche incertezza in più proprio sugli specifici mercati.
A livello obbligazionario, stabilizzati tutto sommato gli equilibri tra i temi governativi con un rientro della volatilità sugli spread tra paesi, le preoccupazioni e le tensioni si concentrano maggiormente sul potenziale rischio di deterioramento dei crediti e sul conseguente danno ai portafogli bancari, settore chiave e già fortemente depresso. In tal senso l’azione delle Banche Centrali è, come molti sostengono, diventata ormai una droga per i mercati. Gli effetti di questa dipendenza, se da un lato beneficiano le Borse, pur creando degli squilibri difficilmente sostenibili con le economie reali, dall’altro, sul lato del reddito fisso, hanno scatenato la corsa alla ricerca del rendimento facendo decollare il mercato del debito societario. Le emissioni obbligazionarie corporate in America hanno battuto tutti i record precedenti ed avendo di fronte a sé altri mesi, prima della fine dell’anno, tali soglie stanno per essere ulteriormente ritoccate al rialzo ed in Europa la dinamica non è affatto differente. Il problema ora riguarda la qualità del sottostante e la sostenibilità nel ripagare il forte indebitamento in un contesto decisamente mutato dalla pandemia in cui la crescita, se c’è, non è certo stabile. Lo testimonia ora il record di “zombie firms”, spaventosamente prossimo ai livelli di inizio anni 2000, ovvero aziende quotate incapaci, con i propri flussi di cassa, di onorare gli stock di indebitamento, che sopravvivono finché in grado di emettere debito ulteriore a costi irrisori grazie ai premi di rischio annullati proprio dall’azione delle Banche Centrali.
Sul fonte valutario si iniziano a vedere i primi effetti del confronto fra le diverse autorità monetarie e qualche scricchiolo in più si registra rispetto agli equilibri inusitatamente stabili degli ultimi trimestri. Le banche centrali operano comunque in un mercato globale e tendenzialmente competitivo in cui oggi prevale una carenza strutturale della domanda che non riesce ad autoalimentarsi nemmeno con politiche monetarie decisamente accomodanti. Quando, dunque, i tassi di interesse molto bassi non funzionano, diventano i rapporti di cambio il canale potenzialmente utile per spingere la domanda attraendo i flussi commerciali. Il deprezzamento della valuta rischia quindi di assumere un ruolo in termini di competitività dividendo chiaramente tra vincitori e vinti. Naturale in tal senso affrontare nei prossimi mesi del nervosismo in più. L’ultimo trimestre di questo strano anno si apre ancora, dunque, con qualche preoccupazione, legata anche agli attesi esiti elettorali statunitensi, dove l’eventuale incertezza del risultato finale destabilizzerebbe i mercati più dell’esito stesso e del candidato vincente. Il contesto è sostenuto da diversi fattori positivi, la ripresa è ancora nelle sue fasi iniziali e, con buona probabilità andrà ad ampliarsi nei trimestri a venire. Ciò si riflette costruttivamente sulle aspettative dei mercati azionari che oggi non presentano alternative di investimento interessanti. La recente flessione ha calmato gli eccessi offrendo migliori condizioni di intervento che verrebbero garantite anche da eventuali incertezze nelle prossime settimane. Sui mercati del reddito fisso viene confermato un atteggiamento prudente sebbene il rendimento debba essere per forza ricercato nelle categorie a spread con una elevata attenzione alla qualità del sottostante.
Commento Ottobre 2020
Ott 8UN MERCATO DI “ZOMBIE”?
Il sentiment degli investitori, che fino a qualche mese fa mostrava molti segni di esuberanza, si è decisamente e velocemente raffreddato nelle ultime settimane. I flussi in vendita sono marcatamente aumentati e si sono concentrati in particolare sulle tematiche che maggiormente in precedenza avevano raccolto successo. Le discese registrate certo possono impressionare (-10.5% il drawdown del S&P500) tuttavia sono figlie dei movimenti precedenti, estremamente positivi, e concentrati su temi specifici. Proprio questa selettività, che registriamo anche a livello geografico, e l’indicazione di una potenziale sottostante rotazione tematica, riconducono ad una valutazione meno negativa dei recenti movimenti in ottica prospettica. Ad oggi stiamo lavorando all’interno di una correzione di tipo tecnico su posizioni che avevano raccolto un elevato consenso, probabilmente più ampio di quanto sostenibile, e che ora sta rimuovendo alcuni eccessi di carattere chiaramente speculativo.
Non viene inficiata invece la visione di più ampio spettro. I driver economici fondamentali rimangono costruttivi. Le dinamiche del mercato del lavoro Usa risultano positive e permane il miglioramento del sentiment dei consumatori mentre gli utili sembrano confermare le ipotesi di una ripresa a forma di V. La politica monetaria rimane naturalmente favorevole con la Fed attenta a spostarsi verso un obiettivo di inflazione “media” e la BCE pronta ad allinearsi ed allentare ulteriormente la politica monetaria, laddove possibile.
Lo spostamento di direzione definito dalla Fed esercita certamente pressione sulle altre banche centrali, in particolare la BCE e la BoJ, affinché si muovano nella stessa direzione. Cosa già fatta dalla maggior parte delle autorità monetarie anche nei mercati emergenti tanto da portare i tassi reali vicini allo zero o in territorio negativo, creando un contesto di riferimento nuovo per molte delle aree abituate a forte crescita e forte inflazione.
Sul fronte della pandemia, ad oggi, l’aumento della crescita dell’infezione da virus non è riuscito ad intaccare la propensione al rischio degli investitori. Mentre l’Europa si avvia a nuove restrizioni della mobilità legate al Corona Virus e l’America mantiene livello alti di contagio, i dati economici offrono prova di una continua ripresa della crescita globale. I mercati non possono ignorare la crescente evidenza di una seconda ondata di infezioni ed il timore di un nuovo lockdown, il cui danno economico sarebbe indiscutibile, tuttavia gli operatori quotano un rischio relativamente basso di blocchi completi optando più che altro per l’ipotesi di stop localizzati, non così gravi da danneggiare la ripresa economica. Per ora i dati economici riflettono una costante ripresa nei paesi che hanno meglio contenuto la pandemia. Certamente una gran parte del mondo emergente sta ancora lottando per ridurre la crescita delle infezioni, il che sta impedendo una significativa ripresa della fiducia dei consumatori e delle imprese e pone qualche incertezza in più proprio sugli specifici mercati.
A livello obbligazionario, stabilizzati tutto sommato gli equilibri tra i temi governativi con un rientro della volatilità sugli spread tra paesi, le preoccupazioni e le tensioni si concentrano maggiormente sul potenziale rischio di deterioramento dei crediti e sul conseguente danno ai portafogli bancari, settore chiave e già fortemente depresso. In tal senso l’azione delle Banche Centrali è, come molti sostengono, diventata ormai una droga per i mercati. Gli effetti di questa dipendenza, se da un lato beneficiano le Borse, pur creando degli squilibri difficilmente sostenibili con le economie reali, dall’altro, sul lato del reddito fisso, hanno scatenato la corsa alla ricerca del rendimento facendo decollare il mercato del debito societario. Le emissioni obbligazionarie corporate in America hanno battuto tutti i record precedenti ed avendo di fronte a sé altri mesi, prima della fine dell’anno, tali soglie stanno per essere ulteriormente ritoccate al rialzo ed in Europa la dinamica non è affatto differente. Il problema ora riguarda la qualità del sottostante e la sostenibilità nel ripagare il forte indebitamento in un contesto decisamente mutato dalla pandemia in cui la crescita, se c’è, non è certo stabile. Lo testimonia ora il record di “zombie firms”, spaventosamente prossimo ai livelli di inizio anni 2000, ovvero aziende quotate incapaci, con i propri flussi di cassa, di onorare gli stock di indebitamento, che sopravvivono finché in grado di emettere debito ulteriore a costi irrisori grazie ai premi di rischio annullati proprio dall’azione delle Banche Centrali.
Sul fonte valutario si iniziano a vedere i primi effetti del confronto fra le diverse autorità monetarie e qualche scricchiolo in più si registra rispetto agli equilibri inusitatamente stabili degli ultimi trimestri. Le banche centrali operano comunque in un mercato globale e tendenzialmente competitivo in cui oggi prevale una carenza strutturale della domanda che non riesce ad autoalimentarsi nemmeno con politiche monetarie decisamente accomodanti. Quando, dunque, i tassi di interesse molto bassi non funzionano, diventano i rapporti di cambio il canale potenzialmente utile per spingere la domanda attraendo i flussi commerciali. Il deprezzamento della valuta rischia quindi di assumere un ruolo in termini di competitività dividendo chiaramente tra vincitori e vinti. Naturale in tal senso affrontare nei prossimi mesi del nervosismo in più. L’ultimo trimestre di questo strano anno si apre ancora, dunque, con qualche preoccupazione, legata anche agli attesi esiti elettorali statunitensi, dove l’eventuale incertezza del risultato finale destabilizzerebbe i mercati più dell’esito stesso e del candidato vincente. Il contesto è sostenuto da diversi fattori positivi, la ripresa è ancora nelle sue fasi iniziali e, con buona probabilità andrà ad ampliarsi nei trimestri a venire. Ciò si riflette costruttivamente sulle aspettative dei mercati azionari che oggi non presentano alternative di investimento interessanti. La recente flessione ha calmato gli eccessi offrendo migliori condizioni di intervento che verrebbero garantite anche da eventuali incertezze nelle prossime settimane. Sui mercati del reddito fisso viene confermato un atteggiamento prudente sebbene il rendimento debba essere per forza ricercato nelle categorie a spread con una elevata attenzione alla qualità del sottostante.