I fondamentali economici dei mercati restano solidi ma permangono comunque una serie di incertezze incrociate che generano molto “rumore” nei dati, rendendo, in questa fase, ancora meno efficaci le scelte di carattere soggettivo
Novembre non porta novità particolari sui mercati se non un brusco aumento del nervosismo. I dati di fondo restano infatti inalterati ma, dopo la sorprendente sfuriata rialzista di ottobre, la chiave di lettura degli stessi è risultata meno costruttiva e nelle ultime settimane si è aggiunto, ad inasprire il clima, il timore per l’evoluzione del Covid e delle sue varianti. Niente di preoccupante a livello strategico sebbene l’incertezza di breve sia decisamente aumentata. Gli azionari hanno virato in negativo, soprattutto l’Area Euro (-4.41%) ed il Giappone (-3.64%) mentre gli Stai Uniti (-0.83%) insieme alla Svizzera (+0.43%) evidenziano una maggior capacità di tenuta. Molto negativo anche l’indice Emergenti nel suo complesso (-4.14%) sebbene con una forte diversificazione fra i paesi: Russia ed Hong Kong sono tra i peggiori (attorno al -7%) mentre Sud Africa e Taiwan chiudono decisamente positivi. Tema a parte l’azionario Turco che sale del +18.9% su cui pesa tuttavia una contemporanea forte crisi valutaria (-37%). Anche sotto il punto di vista settoriale regna una diffusa negatività; resistono i consumi ciclici (-0.30%) e si muovono in controtendenza solo i temi tecnologici (+2.56%) mentre la pressione ribassista è stata forte su Finanziari e soprattutto Energy, trainati dalla netta discesa del Petrolio (-16.8%).
In questo contesto di ritrovata incertezza le obbligazioni recuperano tono (Germania +2.20%, Italia +2.04% ed Usa +1.09%) con i tassi in generale flessione seppur ancora in un clima decisamente volatile.
Quanto questo atteggiamento più prudente e preoccupato sia influenzato da aspetti umorali, come spesso accade, o dal vantaggio comportamentale di poter tirare i remi in barca dopo un anno con risultati molto buoni, è difficile da misurare; in ogni caso sta di fatto che gli stessi elementi positivi e negativi di analisi presenti sul mercato, se prima hanno prodotto un gran balzo in su delle quotazioni, adesso registrano delle scelte più caute degli operatori nell’esporsi al rischio.
Conviene fare ora un punto oggettivo delle forze in campo per sfruttare al meglio la chiusura d’anno ma anche per iniziare ad impostare gli asset per il 2022 che si preannuncia come un anno impegnativo ma con le carte in regola per essere ancora premiante.
I dati macro continuano per certi versi a sorprendere positivamente ed indicano un quadro di crescita sostenuto al di sopra del comportamento medio. I bilanci aziendali e dei consumatori sono molto sani ed i profitti delle imprese crescono mentre non si avvedono rischi all’orizzonte sulla struttura dei flussi creditizi. La fiducia dunque del settore privato non mostra tentennamenti come non si vedeva da lungo tempo. Le attese di crescita sono solide e le sorprese economiche sono state positive facendo ben sperare per le prospettive sugli utili. Anche la ridotta incertezza della politica monetaria viene vista come un supporto per le azioni. In ogni caso il premio per il rischio azionario è vicino alla sua media di lungo termine e ben al di sopra della zona di pericolo; tenendo conto della prevista crescita degli utili, ciò significa che i mercati azionari possono far fronte a un graduale aumento dei tassi di interesse che sembra scontato vista la forte crescita attesa e un impulso più contenuto da parte della politica monetaria.
I fondamentali economici dei mercati restano quindi solidi, ma permangono comunque una serie di incertezze incrociate che, come direbbe Kahneman, generano molto “rumore” nei dati rendendo, in questa fase, ancora meno efficaci le scelte di carattere soggettivo. I dubbi derivano da varie fonti: strozzature diffuse nei mercati dei beni e del lavoro, interruzioni della produzione e la riacutizzazione del problema coronavirus che porta a limitazioni e restrizioni che non possono essere ignorate dai mercati finanziari. Sono dunque molteplici gli elementi che scaricano tensione sugli equilibri tra domanda ed offerta sia in termini produttivi che sui mercati dei capitali.
La corsa al rialzo dei prezzi sotto forma di inflazione ne è la più puntuale espressione e resta certamente il tema meno intelleggibile e più complesso da prevedere nella sua evoluzione. Al di là degli scenari, gli strumenti azionari sembrano per ora quelli maggiormente in grado di adattarsi ed in parte ignorare le aspettative di inflazione e la volatilità dei mercati dei tassi. Gli investitori azionari si concentrano sulle prospettive di crescita confidando, grazie ai margini di profitto molto alti, nella possibilità e capacità di assorbire ancora l’aumento di energia e materie prime drogate dalle strozzature dell’offerta, se non addirittura di poterlo trasferire sui prezzi finali al consumo vista la domanda ben sostenuta.
Il discorso cambia completamente sul lato obbligazionario. I tassi di inflazione nei mercati sviluppati sono stati significativamente più alti del previsto negli ultimi mesi e sebbene sia stimato come un fenomeno transitorio le aspettative di inflazione a lungo termine sono aumentate solo leggermente verso livelli non molto lontani dall’obiettivo delle banche centrali, così è in America ma anche in Area Euro. Sia la Federal Reserve che la BCE hanno cambiato le loro strategie e ora abbiamo maggiori probabilità di consentire un superamento dell’inflazione per qualche tempo ma preoccupa il fatto che il costo della transizione energetica e della deglobalizzazione possa alimentare una spirale rialzista salari-prezzi ancora più prolungata. Certamente è stato raggiunto il punto di massimo sostegno da parte della politica monetaria ed il tapering dei prossimi mesi chiederà sostanzialmente agli operatori di mercato di iniziare a sostituire la banca centrale nel ruolo di primario compratore di debito. Una vera sfida per il prossimo anno che rischia di mettere ulteriore pressione sui tassi in grado di causare una ulteriore spinta al rialzo dei rendimenti.
La narrativa di fondo sui mercati non è dunque cambiata e questo è di buon auspicio per la continuazione della crescita azionaria con valutazioni delle singole aziende che mediamente non sono basse ma non ancora così elevate da misurare il mercato come potenzialmente sopravvalutato in logica ciclica. Ci aspettiamo una chiusura 2021 con po’ di volatilità ma, nonostante l’incertezza di breve possa provocare ulteriori temporanei approfondimenti ribassisti, stiamo misurando ancora opportunità, sia tattiche che soprattutto strategiche. Sul lato Bond, nell’immediato, le aspettative di rialzo dei tassi sembrano eccessive e dovremmo assistere ad una sostanziale stabilizzazione nelle settimane di chiusura d’anno.
Unbiased Monthly Report Dicembre 2021
Dic 13L’OGGETTIVITA’ NELLE VALUTAZIONI
Novembre non porta novità particolari sui mercati se non un brusco aumento del nervosismo. I dati di fondo restano infatti inalterati ma, dopo la sorprendente sfuriata rialzista di ottobre, la chiave di lettura degli stessi è risultata meno costruttiva e nelle ultime settimane si è aggiunto, ad inasprire il clima, il timore per l’evoluzione del Covid e delle sue varianti. Niente di preoccupante a livello strategico sebbene l’incertezza di breve sia decisamente aumentata. Gli azionari hanno virato in negativo, soprattutto l’Area Euro (-4.41%) ed il Giappone (-3.64%) mentre gli Stai Uniti (-0.83%) insieme alla Svizzera (+0.43%) evidenziano una maggior capacità di tenuta. Molto negativo anche l’indice Emergenti nel suo complesso (-4.14%) sebbene con una forte diversificazione fra i paesi: Russia ed Hong Kong sono tra i peggiori (attorno al -7%) mentre Sud Africa e Taiwan chiudono decisamente positivi. Tema a parte l’azionario Turco che sale del +18.9% su cui pesa tuttavia una contemporanea forte crisi valutaria (-37%). Anche sotto il punto di vista settoriale regna una diffusa negatività; resistono i consumi ciclici (-0.30%) e si muovono in controtendenza solo i temi tecnologici (+2.56%) mentre la pressione ribassista è stata forte su Finanziari e soprattutto Energy, trainati dalla netta discesa del Petrolio (-16.8%).
In questo contesto di ritrovata incertezza le obbligazioni recuperano tono (Germania +2.20%, Italia +2.04% ed Usa +1.09%) con i tassi in generale flessione seppur ancora in un clima decisamente volatile.
Quanto questo atteggiamento più prudente e preoccupato sia influenzato da aspetti umorali, come spesso accade, o dal vantaggio comportamentale di poter tirare i remi in barca dopo un anno con risultati molto buoni, è difficile da misurare; in ogni caso sta di fatto che gli stessi elementi positivi e negativi di analisi presenti sul mercato, se prima hanno prodotto un gran balzo in su delle quotazioni, adesso registrano delle scelte più caute degli operatori nell’esporsi al rischio.
Conviene fare ora un punto oggettivo delle forze in campo per sfruttare al meglio la chiusura d’anno ma anche per iniziare ad impostare gli asset per il 2022 che si preannuncia come un anno impegnativo ma con le carte in regola per essere ancora premiante.
I dati macro continuano per certi versi a sorprendere positivamente ed indicano un quadro di crescita sostenuto al di sopra del comportamento medio. I bilanci aziendali e dei consumatori sono molto sani ed i profitti delle imprese crescono mentre non si avvedono rischi all’orizzonte sulla struttura dei flussi creditizi. La fiducia dunque del settore privato non mostra tentennamenti come non si vedeva da lungo tempo. Le attese di crescita sono solide e le sorprese economiche sono state positive facendo ben sperare per le prospettive sugli utili. Anche la ridotta incertezza della politica monetaria viene vista come un supporto per le azioni. In ogni caso il premio per il rischio azionario è vicino alla sua media di lungo termine e ben al di sopra della zona di pericolo; tenendo conto della prevista crescita degli utili, ciò significa che i mercati azionari possono far fronte a un graduale aumento dei tassi di interesse che sembra scontato vista la forte crescita attesa e un impulso più contenuto da parte della politica monetaria.
I fondamentali economici dei mercati restano quindi solidi, ma permangono comunque una serie di incertezze incrociate che, come direbbe Kahneman, generano molto “rumore” nei dati rendendo, in questa fase, ancora meno efficaci le scelte di carattere soggettivo. I dubbi derivano da varie fonti: strozzature diffuse nei mercati dei beni e del lavoro, interruzioni della produzione e la riacutizzazione del problema coronavirus che porta a limitazioni e restrizioni che non possono essere ignorate dai mercati finanziari. Sono dunque molteplici gli elementi che scaricano tensione sugli equilibri tra domanda ed offerta sia in termini produttivi che sui mercati dei capitali.
La corsa al rialzo dei prezzi sotto forma di inflazione ne è la più puntuale espressione e resta certamente il tema meno intelleggibile e più complesso da prevedere nella sua evoluzione. Al di là degli scenari, gli strumenti azionari sembrano per ora quelli maggiormente in grado di adattarsi ed in parte ignorare le aspettative di inflazione e la volatilità dei mercati dei tassi. Gli investitori azionari si concentrano sulle prospettive di crescita confidando, grazie ai margini di profitto molto alti, nella possibilità e capacità di assorbire ancora l’aumento di energia e materie prime drogate dalle strozzature dell’offerta, se non addirittura di poterlo trasferire sui prezzi finali al consumo vista la domanda ben sostenuta.
Il discorso cambia completamente sul lato obbligazionario. I tassi di inflazione nei mercati sviluppati sono stati significativamente più alti del previsto negli ultimi mesi e sebbene sia stimato come un fenomeno transitorio le aspettative di inflazione a lungo termine sono aumentate solo leggermente verso livelli non molto lontani dall’obiettivo delle banche centrali, così è in America ma anche in Area Euro. Sia la Federal Reserve che la BCE hanno cambiato le loro strategie e ora abbiamo maggiori probabilità di consentire un superamento dell’inflazione per qualche tempo ma preoccupa il fatto che il costo della transizione energetica e della deglobalizzazione possa alimentare una spirale rialzista salari-prezzi ancora più prolungata. Certamente è stato raggiunto il punto di massimo sostegno da parte della politica monetaria ed il tapering dei prossimi mesi chiederà sostanzialmente agli operatori di mercato di iniziare a sostituire la banca centrale nel ruolo di primario compratore di debito. Una vera sfida per il prossimo anno che rischia di mettere ulteriore pressione sui tassi in grado di causare una ulteriore spinta al rialzo dei rendimenti.
La narrativa di fondo sui mercati non è dunque cambiata e questo è di buon auspicio per la continuazione della crescita azionaria con valutazioni delle singole aziende che mediamente non sono basse ma non ancora così elevate da misurare il mercato come potenzialmente sopravvalutato in logica ciclica. Ci aspettiamo una chiusura 2021 con po’ di volatilità ma, nonostante l’incertezza di breve possa provocare ulteriori temporanei approfondimenti ribassisti, stiamo misurando ancora opportunità, sia tattiche che soprattutto strategiche. Sul lato Bond, nell’immediato, le aspettative di rialzo dei tassi sembrano eccessive e dovremmo assistere ad una sostanziale stabilizzazione nelle settimane di chiusura d’anno.