In questo contesto, caratterizzato dalla complessa interconnessione di fattori macroeconomici, geopolitici e politici, i rischi potenzialmente rimangono elevati ma, a questo punto, anche le opportunità. L’aver sfruttato il recupero di questi mesi permette di mantenere una impostazione favorevole al mercato.
La parte conclusiva di quest’anno tanto difficile si sta rivelando più positiva di quanto previsto sorprendendo le attese di molti operatori. Dopo le forti salite del mese di ottobre che hanno interrotto una dinamica ribassista candidata a creare nuovi minimi sui mercati, anche novembre conferma un deciso ritorno di interesse sulle tematiche definite a più alto rischio, ma non solo su quelle. Con la situazione geopolitica in stallo i mercati si concentrano sui dati economici e nel momento in cui i dati sull’inflazione risultano migliori del previsto ecco che diventa più facile innescare un recupero con un rally che sulle azioni registra, in alcuni casi, salite record vicine al 20% in soli due mesi. L’Europa, ed in particolare i mercati Euro sono i più positivi (+9.6%), e questa è una duplice sorpresa visto il clima più recessivo che accompagna quest’area rispetto agli altri mercati. Cresce anche l’America (+5.4%) mentre prosegue a fare molto bene il Giappone che, a sé stante in questa fase e favorito da una valuta sempre molto debole, è uno dei pochi mercati in grado di presentare un saldo da inizio anno vicino alla parità. Sul lato emergenti si riprende la Cina con un recupero di oltre il 25% per Hong-Kong seppure in un contesto atteso molto incerto in cui le prospettive di crescita restano meno brillanti tra un mercato immobiliare in calo ed una difficile gestione dei lockdown per COVID-19. La positività è stata diffusa ma sotto il punto di vista settoriale sono emerse alcune particolarità con i Basic Material in netta sovraperformance accompagnati da Industriali e da tutto il comparto dei finanziari mentre l’indebolimento del Petrolio (-7%) frena l’intero indotto Energy. Il miglioramento non ha riguardato tuttavia solo gli azionari. L’elemento scatenante nel recupero resta legato ai dati inflattivi ed il suo impatto è a dir poco trasversale in questa fase in cui gli investimenti possono essere indirizzati solo su strumenti che presentano elevati livelli di correlazione. Dunque il recupero si è esteso anche al mondo obbligazionario. A novembre sono rientrati in modo significativo i tassi, soprattutto sulle parti lunghe della curva, a tutto giovamento delle performance del comparto fortemente depresse come in pochi altri casi nella storia. I recuperi vanno dal +2% delle componenti governative sviluppate fino all’oltre +7% sugli Emergenti passando per un margine di miglioramento che ha rispettato la proporzionalità rispetto alle differenti classi di rischio. Molti i flussi in acquisto registrati, nel mese di novembre, anche sull’Oro con una salita del 8% un po’ in controtendenza se rapportata al generale atteggiamento di risk-on che ha accompagnato i mercati nelle ultime settimane, ma c’è un ulteriore elemento che fa presagire un cambio di ritmo non solo di carattere tattico ma soprattutto strategico ed è legato alla variazione degli equilibri valutari con il primo serio segnale di indebolimento nella corsa del Dollaro. Dopo aver rappresentato, per tutto il 2022 lo strumento di parcheggio prescelto per ridurre potenzialmente il rischio, la valuta americana registra una battuta di arresto con un rientro di circa 5%. Come succede spesso, a seguito di situazioni estreme, le reazioni opposte sono anch’esse estremizzate ma la solidità del movimento delle ultime settimane, al di là dei numeri assoluti, riporta a casi precedenti similari in cui i comportamenti degli investitori, se hanno sorpreso in una fase inziale, sono poi stati seguiti confermati da altrettanta fiducia nei trimestri successivi.
Ora quello che doveva, per molti, rappresentare un semplice e temporaneo recupero all’interno di un contesto a dir poco negativo, inizia ad assumere dei caratteri più strutturali migliorando nell’immediato i saldi di performance dell’anno e riportando le azioni su livelli di negatività decisamente più contenuti, ma soprattutto sostenendo uno scenario futuro più costruttivo di quello vissuto quest’anno. Sui bond invece, se è indubbio che inizino a prendere forma alcuni investimenti di carattere più opportunistico ed il rally delle ultime settimane ne è l’evidenza, il clima sui tassi resta teso. L’inflazione rimane difficile da prevedere ed il fatto che, in questo ciclo, le banche centrali sembrino volersi concentrare più sull’inflazione effettiva che su quella attesa rende più incerto e volatile un contesto in cui si devono valutare gli impatti sia dei beni energetici, a prezzo più flessibile, su cui pesa l’incertezza geopolitica dei temi russi e cinesi, sia dei generi con componente dei prezzi più rigida che impattano a più lungo periodo. Fatto sta che, complice la deglobalizzazione in atto, lo scenario futuro pare dovrà abituarsi ad un’inflazione tendenzialmente più elevata. Gli occhi restano naturalmente ed obbligatoriamente puntati sulle Banche Centrali e sulle diverse politiche monetarie che difficilmente potranno alleggerire il ritmo dei rialzi prima che l’inflazione non inizi a scendere e lo faccia soprattutto in modo costante, il che potrebbe richiedere mesi. Nel frattempo la crescita globale è evidentemente rallentata e le attese vanno nella direzione di confermare questa tendenza. Non misuriamo infatti che il contesto attuale, fatto da incertezza macroeconomica, temi di approvvigionamento energetico e turbolenze geopolitiche, possa cambiare nel breve periodo ma lo stato di salute delle diverse economie sarà un elemento discriminante. Il ciclo economico degli Stati Uniti sembra poter resistere meglio rispetto all’Eurozona ed al Regno Unito che difficilmente potranno evitare un ciclo recessivo ma le maggiori preoccupazioni restano sulla Cina e sulle aree emergenti. Il Giappone, in questo momento, fa storia a sé e, con la valuta debole al centro della sua capacità di sovraperformance proverà anche nei prossimi mesi a sfruttare questo vantaggio competitivo fintanto che la sua natura di mercato molto ciclico non inizi a risentire del rallentamento economico alle porte. In questo contesto, caratterizzato dalla complessa interconnessione di fattori macroeconomici, geopolitici e politici, i rischi potenzialmente rimangono elevati ma a questo punto anche le opportunità. L’aver sfruttato il recupero azionario di questi mesi sarà un elemento discriminante sui risultati finali e permette di mantenere una impostazione favorevole al mercato accettando anche qualche rischio in più di temporanea presa di beneficio. Sul mercato obbligazionario, sebbene sia giunto qualche segno che la tempesta che imperversa inizi ad indebolirsi, i Bond non sono in grado di tornare da subito a svolgere il loro tradizionale ruolo di cuscinetto di diversificazione nel portafoglio ma, una volta superato il rischio, ancora molto alto, legato ai rialzi dei tassi di interesse, inizieranno a presentare una interessante opportunità di rendimento caratterizzata presumibilmente anche da spread elevati favorevoli alle componenti più rischiose.
Unbiased Monthly Report Dicembre 2022
Dic 14CAMBIO DI RITMO
La parte conclusiva di quest’anno tanto difficile si sta rivelando più positiva di quanto previsto sorprendendo le attese di molti operatori. Dopo le forti salite del mese di ottobre che hanno interrotto una dinamica ribassista candidata a creare nuovi minimi sui mercati, anche novembre conferma un deciso ritorno di interesse sulle tematiche definite a più alto rischio, ma non solo su quelle. Con la situazione geopolitica in stallo i mercati si concentrano sui dati economici e nel momento in cui i dati sull’inflazione risultano migliori del previsto ecco che diventa più facile innescare un recupero con un rally che sulle azioni registra, in alcuni casi, salite record vicine al 20% in soli due mesi. L’Europa, ed in particolare i mercati Euro sono i più positivi (+9.6%), e questa è una duplice sorpresa visto il clima più recessivo che accompagna quest’area rispetto agli altri mercati. Cresce anche l’America (+5.4%) mentre prosegue a fare molto bene il Giappone che, a sé stante in questa fase e favorito da una valuta sempre molto debole, è uno dei pochi mercati in grado di presentare un saldo da inizio anno vicino alla parità. Sul lato emergenti si riprende la Cina con un recupero di oltre il 25% per Hong-Kong seppure in un contesto atteso molto incerto in cui le prospettive di crescita restano meno brillanti tra un mercato immobiliare in calo ed una difficile gestione dei lockdown per COVID-19. La positività è stata diffusa ma sotto il punto di vista settoriale sono emerse alcune particolarità con i Basic Material in netta sovraperformance accompagnati da Industriali e da tutto il comparto dei finanziari mentre l’indebolimento del Petrolio (-7%) frena l’intero indotto Energy. Il miglioramento non ha riguardato tuttavia solo gli azionari. L’elemento scatenante nel recupero resta legato ai dati inflattivi ed il suo impatto è a dir poco trasversale in questa fase in cui gli investimenti possono essere indirizzati solo su strumenti che presentano elevati livelli di correlazione. Dunque il recupero si è esteso anche al mondo obbligazionario. A novembre sono rientrati in modo significativo i tassi, soprattutto sulle parti lunghe della curva, a tutto giovamento delle performance del comparto fortemente depresse come in pochi altri casi nella storia. I recuperi vanno dal +2% delle componenti governative sviluppate fino all’oltre +7% sugli Emergenti passando per un margine di miglioramento che ha rispettato la proporzionalità rispetto alle differenti classi di rischio. Molti i flussi in acquisto registrati, nel mese di novembre, anche sull’Oro con una salita del 8% un po’ in controtendenza se rapportata al generale atteggiamento di risk-on che ha accompagnato i mercati nelle ultime settimane, ma c’è un ulteriore elemento che fa presagire un cambio di ritmo non solo di carattere tattico ma soprattutto strategico ed è legato alla variazione degli equilibri valutari con il primo serio segnale di indebolimento nella corsa del Dollaro. Dopo aver rappresentato, per tutto il 2022 lo strumento di parcheggio prescelto per ridurre potenzialmente il rischio, la valuta americana registra una battuta di arresto con un rientro di circa 5%. Come succede spesso, a seguito di situazioni estreme, le reazioni opposte sono anch’esse estremizzate ma la solidità del movimento delle ultime settimane, al di là dei numeri assoluti, riporta a casi precedenti similari in cui i comportamenti degli investitori, se hanno sorpreso in una fase inziale, sono poi stati seguiti confermati da altrettanta fiducia nei trimestri successivi.
Ora quello che doveva, per molti, rappresentare un semplice e temporaneo recupero all’interno di un contesto a dir poco negativo, inizia ad assumere dei caratteri più strutturali migliorando nell’immediato i saldi di performance dell’anno e riportando le azioni su livelli di negatività decisamente più contenuti, ma soprattutto sostenendo uno scenario futuro più costruttivo di quello vissuto quest’anno. Sui bond invece, se è indubbio che inizino a prendere forma alcuni investimenti di carattere più opportunistico ed il rally delle ultime settimane ne è l’evidenza, il clima sui tassi resta teso. L’inflazione rimane difficile da prevedere ed il fatto che, in questo ciclo, le banche centrali sembrino volersi concentrare più sull’inflazione effettiva che su quella attesa rende più incerto e volatile un contesto in cui si devono valutare gli impatti sia dei beni energetici, a prezzo più flessibile, su cui pesa l’incertezza geopolitica dei temi russi e cinesi, sia dei generi con componente dei prezzi più rigida che impattano a più lungo periodo. Fatto sta che, complice la deglobalizzazione in atto, lo scenario futuro pare dovrà abituarsi ad un’inflazione tendenzialmente più elevata. Gli occhi restano naturalmente ed obbligatoriamente puntati sulle Banche Centrali e sulle diverse politiche monetarie che difficilmente potranno alleggerire il ritmo dei rialzi prima che l’inflazione non inizi a scendere e lo faccia soprattutto in modo costante, il che potrebbe richiedere mesi. Nel frattempo la crescita globale è evidentemente rallentata e le attese vanno nella direzione di confermare questa tendenza. Non misuriamo infatti che il contesto attuale, fatto da incertezza macroeconomica, temi di approvvigionamento energetico e turbolenze geopolitiche, possa cambiare nel breve periodo ma lo stato di salute delle diverse economie sarà un elemento discriminante. Il ciclo economico degli Stati Uniti sembra poter resistere meglio rispetto all’Eurozona ed al Regno Unito che difficilmente potranno evitare un ciclo recessivo ma le maggiori preoccupazioni restano sulla Cina e sulle aree emergenti. Il Giappone, in questo momento, fa storia a sé e, con la valuta debole al centro della sua capacità di sovraperformance proverà anche nei prossimi mesi a sfruttare questo vantaggio competitivo fintanto che la sua natura di mercato molto ciclico non inizi a risentire del rallentamento economico alle porte. In questo contesto, caratterizzato dalla complessa interconnessione di fattori macroeconomici, geopolitici e politici, i rischi potenzialmente rimangono elevati ma a questo punto anche le opportunità. L’aver sfruttato il recupero azionario di questi mesi sarà un elemento discriminante sui risultati finali e permette di mantenere una impostazione favorevole al mercato accettando anche qualche rischio in più di temporanea presa di beneficio. Sul mercato obbligazionario, sebbene sia giunto qualche segno che la tempesta che imperversa inizi ad indebolirsi, i Bond non sono in grado di tornare da subito a svolgere il loro tradizionale ruolo di cuscinetto di diversificazione nel portafoglio ma, una volta superato il rischio, ancora molto alto, legato ai rialzi dei tassi di interesse, inizieranno a presentare una interessante opportunità di rendimento caratterizzata presumibilmente anche da spread elevati favorevoli alle componenti più rischiose.