Dal momento che il reddito fisso continua a generare rendimenti insoddisfacenti, gli investitori dovranno sempre più considerare strategie di investimento moderne che vanno oltre i modelli di allocazione tradizionali
Il 2021, pur consegnando risultati molto costruttivi in generale per gli investitori, si conclude con po’ di nervosismo di breve termine che sembra tuttavia preoccupare solo in parte i principali operatori. La paura creata dalla variante del coronavirus Omicron è probabilmente l’elemento attuale più dirompente sui mercati, con un impatto iniziale più forte sulla propensione al rischio che è via via migliorato portando ancora crescita proprio in conclusione di anno. Sebbene dunque in un contesto di dicembre nervoso, i mercati azionari consegnano risultati ancora molto positivi, a doppia cifra nell’anno, frutto di un primo semestre molto rialzista a cui sono seguiti mesi di sostanziale stabilizzazione che hanno riconfermato l’impostazione favorevole di fondo. Molto bene gli Stati Uniti (+26%), certamente i più costanti nella crescita con tutti i mercati europei competitivi ad eccezione della Spagna, ferma in termini di performance. Più indietro anche Inghilterra e Giappone (+10.4%) mentre complessivamente è risultato negativo il saldo per gli indici emergenti (-4.6%) appesantiti dalla discesa della borsa cinese (-5.2%) e dei mercati ad essa collegati. Male anche il Brasile (-11.9%) mentre Taiwan, India e Sud africa chiudono molto positivi. Una delle conseguenze più evidenti della pandemia Covid sui mercati è stata certamente la parcellizzazione delle performance, sia in piena crisi che poi nella fase di ripresa della crescita. Sono infatti rimasti molti gli scollamenti sotto il punto di vista settoriale anche quest’anno con Energy, Financial e Technology a guidare le classifiche (Tutti ben oltre il +25%) mentre Utilities e Consumi NonCiclici sono risultati tra i meno competitivi.
Anche sulle materie prime, nel 2021, si sono registrate nel complesso prestazioni di assoluto rilievo (+38% Crb), favorite dalla dinamica di crescita della domanda da un lato e dalle strozzature in offerta dall’altro. Il saldo premia in particolare i temi legati al ciclo economico (Petrolio +51%, Gas e Gasolio). In prospettiva, a parte l’Oro più vulnerabile quando i rendimenti reali inizieranno a salire, in una logica ciclica il comparto sembra offrire rendimenti attesi interessanti su più orizzonti fornendo una valida copertura per il rischio inflazione nel breve termine, e presentando una chance di sovraperformance anche nel medio periodo alimentata dalle aspettative di persistente crescita della produzione industriale e della fase di ricostituzione delle scorte. Di tutt’altro tono gli obbligazionari. E’ stato un anno pesante a livello globale, con negatività diffusa un po’ su tutti fronti. I governativi hanno sofferto maggiormente, sia Stati Uniti che Europa che, soprattutto, mercati emergenti e nemmeno il credito è risultato in grado di consegnare performance soddisfacenti. Lo scenario atteso, inoltre, non sembra particolarmente migliorativo. Gli interventi straordinari a favore della ripresa del ciclo economico hanno scardinato il ruolo tipico delle obbligazioni come fonte di rendimento quasi priva di rischi connessi. Il nuovo paradigma viene dunque rappresentato da rendimenti reali insufficienti, nel migliore dei casi, con gli investitori chiamati ad accettare maggiore turbolenza e volatilità su questa asset class e ricercare altrove alternative di investimento premianti. Anche la gestione valutaria non è risultata facile nel 2021. Lo Yen è tra le divise più colpite dalle vendite ma anche l’Euro ha faticato sulla scia soprattutto di un Dollaro Statunitense decisamente in rafforzamento favorito dai benefici della normalizzazione della politica della Fed.
Come detto si sono conclusi 12 mesi ricchi di soddisfazioni che risultano come la condizione ideale per traghettare le quotazioni nell’anno nuovo mantenendo inalterate le potenzialità positive. Tutto appare ben supportato da una crescita globale che rimarrà solida, con la conferma di molti dei fattori trainanti che hanno sostenuto la ripresa nel 2021. La domanda resta solida, ci sarà ancora il sostegno della politica fiscale e monetaria, seppure in via di normalizzazione, ed il progressivo allentamento delle restrizioni correlate alla pandemia dovrebbe far aumentare i consumi anche nei settori dei servizi che più hanno subito la crisi. Probabilmente per i comparti che hanno segnato un ritardo rispetto alla ripresa globale dallo shock della pandemia c’è l’opportunità di emergere in modo deciso affiancando i settori che già traggono beneficio dalla transizione economica e finanziaria post-Covid in atto e da livelli di crescita che non si vedevano da molto tempo.
Il 2022 sarà anche l’anno della normalizzazione delle politiche monetarie, in particolare nei mercati sviluppati. La Fed ha già definito il ritmo del suo processo di tapering mentre la BCE porrà fine al suo programma di interventi di emergenza ma manterrà ancora i suoi regolari programmi di acquisto di attività. Tutto ciò depone a favore della stabilità del sistema mentre ciò che rischia di creare maggior incertezza è ancora una volta la diffusione del Virus e, sotto il punto di vista economico, la tematica inflattiva.
La pandemia viene affrontata con una strategia univoca di ampia diffusione dei vaccini oltre a blocchi mirati e tutto ciò sembra andare nella direzione corretta mentre le stime sulla futura corsa all’aumento dei prezzi sono molto difficili con i dati attuali. Ad oggi si misura un’inflazione in via di stabilizzazione rispetto ai picchi degli scorsi trimestri. I netti aumenti di prezzi seguiti ai vari lockdown verranno tecnicamente esclusi dai nuovi calcoli e dunque si attende una attenuazione nelle rilevazioni soprattutto se, come nelle attese, i problemi relativi alle catene di approvvigionamento andranno gradualmente ad affievolirsi. In questo contesto il mercato obbligazionario rimane il più difficile da gestire. Nel breve resta infatti una pressione rialzista sui tassi e la volatilità potrebbe caratterizzare i prossimi trimestri. Rimane dunque un atteggiamento prudente sulle componenti governative a cui si affiancano prospettive impegnative per il credito anche nel segmento High Yield con spread in generale ristretti e poco premianti. Dal momento che il reddito fisso continua a generare rendimenti insoddisfacenti, gli investitori dovranno sempre di più considerare strategie d’investimento moderne che vanno oltre i modelli di allocazione tradizionali in modo da diversificare maggiormente le fonti di rendimento. Una vera opportunità per le strategie attive e dinamiche. Il contesto è dunque ancora favorevole per gli investimenti in attività rischiose guidate da un’ulteriore ripresa degli utili societari, prossimi a livelli massimi pre-pandemia, e candidati a rimanere il principale fattore trainante dei rendimenti azionari anche per l’anno nuovo.
Unbiased Monthly Report Gennaio 2022
Gen 102022 L’ANNO DELLA NORMALIZZAZIONE VALUTAZIONI
Il 2021, pur consegnando risultati molto costruttivi in generale per gli investitori, si conclude con po’ di nervosismo di breve termine che sembra tuttavia preoccupare solo in parte i principali operatori. La paura creata dalla variante del coronavirus Omicron è probabilmente l’elemento attuale più dirompente sui mercati, con un impatto iniziale più forte sulla propensione al rischio che è via via migliorato portando ancora crescita proprio in conclusione di anno. Sebbene dunque in un contesto di dicembre nervoso, i mercati azionari consegnano risultati ancora molto positivi, a doppia cifra nell’anno, frutto di un primo semestre molto rialzista a cui sono seguiti mesi di sostanziale stabilizzazione che hanno riconfermato l’impostazione favorevole di fondo. Molto bene gli Stati Uniti (+26%), certamente i più costanti nella crescita con tutti i mercati europei competitivi ad eccezione della Spagna, ferma in termini di performance. Più indietro anche Inghilterra e Giappone (+10.4%) mentre complessivamente è risultato negativo il saldo per gli indici emergenti (-4.6%) appesantiti dalla discesa della borsa cinese (-5.2%) e dei mercati ad essa collegati. Male anche il Brasile (-11.9%) mentre Taiwan, India e Sud africa chiudono molto positivi. Una delle conseguenze più evidenti della pandemia Covid sui mercati è stata certamente la parcellizzazione delle performance, sia in piena crisi che poi nella fase di ripresa della crescita. Sono infatti rimasti molti gli scollamenti sotto il punto di vista settoriale anche quest’anno con Energy, Financial e Technology a guidare le classifiche (Tutti ben oltre il +25%) mentre Utilities e Consumi NonCiclici sono risultati tra i meno competitivi.
Anche sulle materie prime, nel 2021, si sono registrate nel complesso prestazioni di assoluto rilievo (+38% Crb), favorite dalla dinamica di crescita della domanda da un lato e dalle strozzature in offerta dall’altro. Il saldo premia in particolare i temi legati al ciclo economico (Petrolio +51%, Gas e Gasolio). In prospettiva, a parte l’Oro più vulnerabile quando i rendimenti reali inizieranno a salire, in una logica ciclica il comparto sembra offrire rendimenti attesi interessanti su più orizzonti fornendo una valida copertura per il rischio inflazione nel breve termine, e presentando una chance di sovraperformance anche nel medio periodo alimentata dalle aspettative di persistente crescita della produzione industriale e della fase di ricostituzione delle scorte. Di tutt’altro tono gli obbligazionari. E’ stato un anno pesante a livello globale, con negatività diffusa un po’ su tutti fronti. I governativi hanno sofferto maggiormente, sia Stati Uniti che Europa che, soprattutto, mercati emergenti e nemmeno il credito è risultato in grado di consegnare performance soddisfacenti. Lo scenario atteso, inoltre, non sembra particolarmente migliorativo. Gli interventi straordinari a favore della ripresa del ciclo economico hanno scardinato il ruolo tipico delle obbligazioni come fonte di rendimento quasi priva di rischi connessi. Il nuovo paradigma viene dunque rappresentato da rendimenti reali insufficienti, nel migliore dei casi, con gli investitori chiamati ad accettare maggiore turbolenza e volatilità su questa asset class e ricercare altrove alternative di investimento premianti. Anche la gestione valutaria non è risultata facile nel 2021. Lo Yen è tra le divise più colpite dalle vendite ma anche l’Euro ha faticato sulla scia soprattutto di un Dollaro Statunitense decisamente in rafforzamento favorito dai benefici della normalizzazione della politica della Fed.
Come detto si sono conclusi 12 mesi ricchi di soddisfazioni che risultano come la condizione ideale per traghettare le quotazioni nell’anno nuovo mantenendo inalterate le potenzialità positive. Tutto appare ben supportato da una crescita globale che rimarrà solida, con la conferma di molti dei fattori trainanti che hanno sostenuto la ripresa nel 2021. La domanda resta solida, ci sarà ancora il sostegno della politica fiscale e monetaria, seppure in via di normalizzazione, ed il progressivo allentamento delle restrizioni correlate alla pandemia dovrebbe far aumentare i consumi anche nei settori dei servizi che più hanno subito la crisi. Probabilmente per i comparti che hanno segnato un ritardo rispetto alla ripresa globale dallo shock della pandemia c’è l’opportunità di emergere in modo deciso affiancando i settori che già traggono beneficio dalla transizione economica e finanziaria post-Covid in atto e da livelli di crescita che non si vedevano da molto tempo.
Il 2022 sarà anche l’anno della normalizzazione delle politiche monetarie, in particolare nei mercati sviluppati. La Fed ha già definito il ritmo del suo processo di tapering mentre la BCE porrà fine al suo programma di interventi di emergenza ma manterrà ancora i suoi regolari programmi di acquisto di attività. Tutto ciò depone a favore della stabilità del sistema mentre ciò che rischia di creare maggior incertezza è ancora una volta la diffusione del Virus e, sotto il punto di vista economico, la tematica inflattiva.
La pandemia viene affrontata con una strategia univoca di ampia diffusione dei vaccini oltre a blocchi mirati e tutto ciò sembra andare nella direzione corretta mentre le stime sulla futura corsa all’aumento dei prezzi sono molto difficili con i dati attuali. Ad oggi si misura un’inflazione in via di stabilizzazione rispetto ai picchi degli scorsi trimestri. I netti aumenti di prezzi seguiti ai vari lockdown verranno tecnicamente esclusi dai nuovi calcoli e dunque si attende una attenuazione nelle rilevazioni soprattutto se, come nelle attese, i problemi relativi alle catene di approvvigionamento andranno gradualmente ad affievolirsi. In questo contesto il mercato obbligazionario rimane il più difficile da gestire. Nel breve resta infatti una pressione rialzista sui tassi e la volatilità potrebbe caratterizzare i prossimi trimestri. Rimane dunque un atteggiamento prudente sulle componenti governative a cui si affiancano prospettive impegnative per il credito anche nel segmento High Yield con spread in generale ristretti e poco premianti. Dal momento che il reddito fisso continua a generare rendimenti insoddisfacenti, gli investitori dovranno sempre di più considerare strategie d’investimento moderne che vanno oltre i modelli di allocazione tradizionali in modo da diversificare maggiormente le fonti di rendimento. Una vera opportunità per le strategie attive e dinamiche. Il contesto è dunque ancora favorevole per gli investimenti in attività rischiose guidate da un’ulteriore ripresa degli utili societari, prossimi a livelli massimi pre-pandemia, e candidati a rimanere il principale fattore trainante dei rendimenti azionari anche per l’anno nuovo.