La forte ripresa rialzista delle ultime settimane porta a classificare i dubbi e le incertezze estive come una battuta d’arresto temporanea ed appare fin troppo elevata la cautela degli investitori
Mentre le banche centrali continuano a prepararsi per una graduale normalizzazione delle politiche monetarie, lo slancio della ripresa globale nel periodo estivo è sembrato un po’ vacillare con dati sulla crescita indeboliti, tassi di inflazione più elevati ed un potenziale picco di crescita degli utili aziendali. Tutto ciò ha aumentato l’incertezza e reso preoccupati i principali operatori circa le aspettative autunnali aumentando il sempre latente rischio di prese di beneficio su mercati azionari tanto performanti negli ultimi trimestri. Sul lato comportamentale, dunque, le incertezze emotive di breve hanno annebbiato la visione e le evidenze positive di fondo creando una interessante opportunità per chi si è mosso in logica contrarian.
Agli iniziali timori di ottobre sono seguite infatti ripetute conferme positive che hanno portato gli indici a registrare il miglior mese dell’anno in termini di performance sull’indice globale azionario (+5.75%). In questo contesto rialzista sono gli Stati Uniti a trainare recuperando i massimi storici e portando il saldo annuo oltre il +20%. In generale la selettività rimane un elemento caratterizzante, se l’area Euro è risultata infatti competitiva, con Italia Francia e Olanda che distaccano decisamente gli altri paesi, il Giappone ha evidenziato ancora parecchia debolezza e consegna un mese negativo (-1.43%). Anche i mercati Emergenti restano fragili e frammentati, chiaramente in ritardo rispetto agli sviluppati, con la parte Latin America, ed il Brasile in particolare in netto calo (-6.74%), mentre la Cina continua a mostrare una buona dose di problemi. La ripresa, infatti, resta zavorrata dalla preoccupazione per il ritorno della pandemia, con i primi lockdown localizzati, e dal rischio di default immobiliare, settore trainante per il Pil del paese; a questo si sono aggiunti nuovi ostacoli alla crescita sotto forma di crisi energetica con la carenza di carbone ed il razionamento di energia nei settori a più alta intensità. Le valutazioni immediate di rischio potenziale sono dunque alte ma le metriche di misurazione delle aspettative indicano ancora un contesto di sviluppo favorevole. Guardando in prospettiva la situazione “Evergrande” sarà probabilmente digerita dal sistema finanziario cinese, e l’eccesso di domanda energetica legato alla forte crescita dell’attività industriale a seguito del boom delle esportazioni dovrebbe rientrare con il normalizzarsi dei flussi nella catena di approvvigionamenti a livello globale.
Se gli azionari hanno rispettato le nostre attese, non è stata una sorpresa nemmeno il forte aumento dei tassi registrato tra settembre ed ottobre. Nella fase estiva avevamo misurato come il mercato dei titoli di stato non riflettesse opportunamente l’ambiente economico circostante prezzando, con rendimenti in calo, una ripresa in fase di rallentamento, quasi in inversione. Queste valutazioni erano ingiustificate e tutto ciò è stato repentinamente corretto con il recente ritorno dei tassi sui livelli massimi dell’anno. Così è stato soprattutto per il decennale americano con Inghilterra ed Area Euro allineate nel movimento.
Il contesto di mercato appare ancora ragionevolmente costruttivo per le attività rischiose, almeno nel contingente dei prossimi trimestri, mentre, in ottica strategica, uno dei maggiori rischi per le azioni è legato all’aumento dei rendimenti obbligazionari e cioè al fatto che le cedole diventino competitive rispetto ai dividendi soprattutto se i prezzi delle singole azioni distanzieranno di molto gli utili sottostanti e creeranno le condizioni ottimali per prese di beneficio non solo tattiche. Sulla scia di una forte crescita degli utili il rapporto price/earnings globale per ora è in controllo con livelli ben al di sotto dei massimi visti all’inizio dell’anno ed il premio per il rischio azionario fornisce ancora un certo margine contro un ulteriore aumento dei tassi di interesse.
Finora dunque, il rialzo dei tassi ha avuto un impatto maggiore sulla performance relativa dei settori e dello stile rispetto all’intera dinamica della classe di attività. I mercati sono passati a un’inclinazione più value in risposta al cambiamento di tendenza dei rendimenti obbligazionari ma i settori ad alta crescita come la tecnologia ed in parte i servizi di comunicazione restano competitivi e riteniamo continuerà l’alternanza di risultati fra i vari comparti con molteplici spostamenti tra l’alto ed il basso nelle classifiche di performance infraperiodali. L’impennata dei prezzi dell’energia e le varie strozzature nell’offerta peseranno invece solo temporaneamente dando valore aggiunto alle classi di attività collegate, mentre è la crisi da Covid che potrebbe portare a cambiamenti permanenti nei modelli di consumo e di produzione ma le direzioni che questi prenderanno sono ancora difficili da valutare. L’ultimo tema ad alto impatto strategico potenziale è il fronte monetario: dopo che le banche centrali hanno indicato come il picco di accomodamento della politica espansiva sia stato raggiunto l’inflazione è tornata ad essere l’argomento principe sui mercati. Lo snodo è chiarire per quanto tempo durerà l’attuale picco ma la comprensione delle attese di inflazione è ancora piuttosto limitata e, con le strozzature dell’offerta nei mercati dei beni e del lavoro che potrebbero durare fino al prossimo anno inoltrato, la gestione di quell’equilibrio transitorio tra inflazione prolungata ed adeguata crescita dei salari e dell’occupazione risulta assai difficile. Con questi presupposti le banche centrali navigheranno a vista nei prossimi trimestri bilanciando l’uscita dalla fase di stimolo in modo più ordinato e graduale possibile. Ad oggi il rischio minore è che la politica monetaria accomodante duri troppo a lungo a fronte di una spirale dei prezzi in salita. Un tale errore può essere corretto in modo veloce attraverso una successiva tornata di inasprimento riportando l’inflazione nella gabbia desiderata. Una cura poco gradita per l’economia e i mercati ma caratterizzata da un dolore di breve durata. Dall’altra parte, se la politica monetaria venisse inasprita troppo presto a fronte di un’inflazione transitoria, il danno potrebbe essere decisamente più duraturo e diventerebbe più difficile da correggere. La forte ripresa rialzista di queste ultime settimane porta a classificare i dubbi e le incertezze estive come una battuta d’arresto temporanea e per certi versi appare ora fin troppo elevata la cautela da parte degli investitori che diverge dai segnali quantitativi positivi sottostanti alle dinamiche di mercato. La redditività aziendale è molto forte così come le riserve finanziarie, i bilanci stanno migliorando ed i flussi di investimento sono positivi. Il sostegno fiscale dovrebbe proseguire e l’eccesso di risparmio globale andare nella direzione di far scorrere il credito senza intoppi. Inoltre la pandemia sembra in controllo e le notizie sul fronte Covid sono incoraggianti sebbene sia prematuro dare il segnale di via libera proprio mentre entriamo nella stagione più a rischio. Grazie all’aumento dei tassi di vaccinazione, il legame tra i nuovi casi e decessi si è indebolito e ciò implica un basso rischio di blocco delle attività e di impatto negativo sulle attese di crescita. Sul lato Bond riteniamo che le aspettative di tapering spingeranno ad un aumento ciclico dei rendimenti e questo peserà ancora negativamente sulle performance degli strumenti obbligazionari, soprattutto su quelli meno rischiosi lasciando ancora qualche margine sul credito ad alto rendimento che, con gli spread in fase di stabilizzazione, offre un profilo di rendimento ancora asimmetrico, sovraperformando quando i rendimenti dei titoli di stato scendono e stabilizzandosi quando salgono
Unbiased Monthly Report Novembre 2021
Nov 10L’ATTESO RITORNO DEL RISK-ON
Mentre le banche centrali continuano a prepararsi per una graduale normalizzazione delle politiche monetarie, lo slancio della ripresa globale nel periodo estivo è sembrato un po’ vacillare con dati sulla crescita indeboliti, tassi di inflazione più elevati ed un potenziale picco di crescita degli utili aziendali. Tutto ciò ha aumentato l’incertezza e reso preoccupati i principali operatori circa le aspettative autunnali aumentando il sempre latente rischio di prese di beneficio su mercati azionari tanto performanti negli ultimi trimestri. Sul lato comportamentale, dunque, le incertezze emotive di breve hanno annebbiato la visione e le evidenze positive di fondo creando una interessante opportunità per chi si è mosso in logica contrarian.
Agli iniziali timori di ottobre sono seguite infatti ripetute conferme positive che hanno portato gli indici a registrare il miglior mese dell’anno in termini di performance sull’indice globale azionario (+5.75%). In questo contesto rialzista sono gli Stati Uniti a trainare recuperando i massimi storici e portando il saldo annuo oltre il +20%. In generale la selettività rimane un elemento caratterizzante, se l’area Euro è risultata infatti competitiva, con Italia Francia e Olanda che distaccano decisamente gli altri paesi, il Giappone ha evidenziato ancora parecchia debolezza e consegna un mese negativo (-1.43%). Anche i mercati Emergenti restano fragili e frammentati, chiaramente in ritardo rispetto agli sviluppati, con la parte Latin America, ed il Brasile in particolare in netto calo (-6.74%), mentre la Cina continua a mostrare una buona dose di problemi. La ripresa, infatti, resta zavorrata dalla preoccupazione per il ritorno della pandemia, con i primi lockdown localizzati, e dal rischio di default immobiliare, settore trainante per il Pil del paese; a questo si sono aggiunti nuovi ostacoli alla crescita sotto forma di crisi energetica con la carenza di carbone ed il razionamento di energia nei settori a più alta intensità. Le valutazioni immediate di rischio potenziale sono dunque alte ma le metriche di misurazione delle aspettative indicano ancora un contesto di sviluppo favorevole. Guardando in prospettiva la situazione “Evergrande” sarà probabilmente digerita dal sistema finanziario cinese, e l’eccesso di domanda energetica legato alla forte crescita dell’attività industriale a seguito del boom delle esportazioni dovrebbe rientrare con il normalizzarsi dei flussi nella catena di approvvigionamenti a livello globale.
Se gli azionari hanno rispettato le nostre attese, non è stata una sorpresa nemmeno il forte aumento dei tassi registrato tra settembre ed ottobre. Nella fase estiva avevamo misurato come il mercato dei titoli di stato non riflettesse opportunamente l’ambiente economico circostante prezzando, con rendimenti in calo, una ripresa in fase di rallentamento, quasi in inversione. Queste valutazioni erano ingiustificate e tutto ciò è stato repentinamente corretto con il recente ritorno dei tassi sui livelli massimi dell’anno. Così è stato soprattutto per il decennale americano con Inghilterra ed Area Euro allineate nel movimento.
Il contesto di mercato appare ancora ragionevolmente costruttivo per le attività rischiose, almeno nel contingente dei prossimi trimestri, mentre, in ottica strategica, uno dei maggiori rischi per le azioni è legato all’aumento dei rendimenti obbligazionari e cioè al fatto che le cedole diventino competitive rispetto ai dividendi soprattutto se i prezzi delle singole azioni distanzieranno di molto gli utili sottostanti e creeranno le condizioni ottimali per prese di beneficio non solo tattiche. Sulla scia di una forte crescita degli utili il rapporto price/earnings globale per ora è in controllo con livelli ben al di sotto dei massimi visti all’inizio dell’anno ed il premio per il rischio azionario fornisce ancora un certo margine contro un ulteriore aumento dei tassi di interesse.
Finora dunque, il rialzo dei tassi ha avuto un impatto maggiore sulla performance relativa dei settori e dello stile rispetto all’intera dinamica della classe di attività. I mercati sono passati a un’inclinazione più value in risposta al cambiamento di tendenza dei rendimenti obbligazionari ma i settori ad alta crescita come la tecnologia ed in parte i servizi di comunicazione restano competitivi e riteniamo continuerà l’alternanza di risultati fra i vari comparti con molteplici spostamenti tra l’alto ed il basso nelle classifiche di performance infraperiodali. L’impennata dei prezzi dell’energia e le varie strozzature nell’offerta peseranno invece solo temporaneamente dando valore aggiunto alle classi di attività collegate, mentre è la crisi da Covid che potrebbe portare a cambiamenti permanenti nei modelli di consumo e di produzione ma le direzioni che questi prenderanno sono ancora difficili da valutare. L’ultimo tema ad alto impatto strategico potenziale è il fronte monetario: dopo che le banche centrali hanno indicato come il picco di accomodamento della politica espansiva sia stato raggiunto l’inflazione è tornata ad essere l’argomento principe sui mercati. Lo snodo è chiarire per quanto tempo durerà l’attuale picco ma la comprensione delle attese di inflazione è ancora piuttosto limitata e, con le strozzature dell’offerta nei mercati dei beni e del lavoro che potrebbero durare fino al prossimo anno inoltrato, la gestione di quell’equilibrio transitorio tra inflazione prolungata ed adeguata crescita dei salari e dell’occupazione risulta assai difficile. Con questi presupposti le banche centrali navigheranno a vista nei prossimi trimestri bilanciando l’uscita dalla fase di stimolo in modo più ordinato e graduale possibile. Ad oggi il rischio minore è che la politica monetaria accomodante duri troppo a lungo a fronte di una spirale dei prezzi in salita. Un tale errore può essere corretto in modo veloce attraverso una successiva tornata di inasprimento riportando l’inflazione nella gabbia desiderata. Una cura poco gradita per l’economia e i mercati ma caratterizzata da un dolore di breve durata. Dall’altra parte, se la politica monetaria venisse inasprita troppo presto a fronte di un’inflazione transitoria, il danno potrebbe essere decisamente più duraturo e diventerebbe più difficile da correggere. La forte ripresa rialzista di queste ultime settimane porta a classificare i dubbi e le incertezze estive come una battuta d’arresto temporanea e per certi versi appare ora fin troppo elevata la cautela da parte degli investitori che diverge dai segnali quantitativi positivi sottostanti alle dinamiche di mercato. La redditività aziendale è molto forte così come le riserve finanziarie, i bilanci stanno migliorando ed i flussi di investimento sono positivi. Il sostegno fiscale dovrebbe proseguire e l’eccesso di risparmio globale andare nella direzione di far scorrere il credito senza intoppi. Inoltre la pandemia sembra in controllo e le notizie sul fronte Covid sono incoraggianti sebbene sia prematuro dare il segnale di via libera proprio mentre entriamo nella stagione più a rischio. Grazie all’aumento dei tassi di vaccinazione, il legame tra i nuovi casi e decessi si è indebolito e ciò implica un basso rischio di blocco delle attività e di impatto negativo sulle attese di crescita. Sul lato Bond riteniamo che le aspettative di tapering spingeranno ad un aumento ciclico dei rendimenti e questo peserà ancora negativamente sulle performance degli strumenti obbligazionari, soprattutto su quelli meno rischiosi lasciando ancora qualche margine sul credito ad alto rendimento che, con gli spread in fase di stabilizzazione, offre un profilo di rendimento ancora asimmetrico, sovraperformando quando i rendimenti dei titoli di stato scendono e stabilizzandosi quando salgono